oltretomba parte 3

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Nel taxi Eva le fa vedere la lettera di Marcos e le racconta la storia dei genitori in difficoltà. Margot prende la lettera e promette di aiutarla.
Quella sera per festeggiare Marcos e Eva fanno sesso, si drogano e fantasticano su cosa potranno fare con quei soldi.
Dopo tre giorni, Margot convoca Eva. La sua voce è cupa e inflessibile al telefono, Eva ha il presentimento che le cose andranno male. Vomita il pranzo nel cesso, si cala una pastiglia e esce di casa. Per strada si ripete che le cose andranno bene senza riuscire a crederci.
Margot sta fumando ed è furiosa, sta sbandierando dei documenti, dice che ha assoldato un investigatore privato che ha indagato su Marcos. Salta fuori che Marcos non si chiama Marcos ma si chiama Jerome o qualcosa di simile e che ha qualche precedente per truffa, rapina e a quanto pare è pure ricercato per altro. Per stupro. Sa che quella lettera della banca è finta ed è decisa ad andare dalla polizia a denunciarlo.
Eva ascolta tutto tramite un filtro, Margot è distante e lontana, il suo loft è gigante e lei è lì in fondo, così piccolina, la sente appena, le parla di cose che la riguardano poco e che non riesce a capire. All’improvviso la faccia di Margot è gigante, difronte a lei copre tutto il suo campo visivo, riesce a vedere solo quella faccia paonazza, sente il suo alito sul viso. Sente le sue mani che la scuotono. Poi arriva uno schiaffo. Forte sulla faccia. Eva si scuote, sente le lacrime che le rigano le guance. Le brucia il petto. Ora è piegata e si sta vomitando sulle scarpe. Perché non è sorpresa?
Margot si placa, si scusa e la abbraccia. Ma non vuole cedere, vuole denunciarlo.
<No, ti prego Margot, fammi andare a prendere le mie cose, gli dirò che lo lascio. Poi fai quello che ti pare, ma fammi andare a prendere le mie cose, non voglio essere coinvolta in qualcosa, per favore.>
<Ti accompagno>
 <Ma se ti vede…>
 <Non ti preoccupare ti aspetto fuori, non mi vedrà.>
Le due donne scendono in strada, attraversano il traffico pomeridiano, il sole è coperto da una cortina di nuvole grigie e impenetrabili. Margot la tiene stretta sottobraccio, le sussurra di essere decisa e calma, le promette che si prenderà cura di lei. Che non deve avere paura, che deve essere forte. Che è fortunata di lasciare quel pazzo. Chissà che fine avrebbe fatto con lui.
Eva le chiede se è sicura di quello che le ha raccontato e Margot le conferma che l’investigatore non aveva dubbi, non è quello che dice di essere, è una persona pericolosa. Tagliano attraverso il Memory Park. Il parco è affollato di corridori, anziani e mamme con i bambini. Si addentrano nel cuore del parco dove i sentieri si fanno strada tra la fitta vegetazione, il frastuono della città qui è più tenue, schermato dagli alberi secolari.
Arrivati all’altro estremo del parco la casa di Marcos è visibile in lontananza.
<Va bene ti prego, aspettami qui per favore. Ok?>
<Ok, se non torni entro mezz’ora chiamo la polizia.> Margot accende una sigaretta.
Eva attraversa gli ultimi metri che la distanziano dalla casa. La sua testa è vuota, non riesce a pensare, non riesce a decidere cosa fare e cosa dire. Si sente in qualche modo guidata dagli eventi, sa solo che non vuole più lottare. Le cose vanno come vogliono, pensa. Che senso ha lottare? Opporsi e struggersi?
Marcos la sta aspettando, lei lo guarda e si domanda chi sia veramente, un criminale? A lei ha sempre dato tanto, cos’altro le può interessare del resto? Tutto il resto è fuori dal suo controllo o del suo interesse, lei ha bisogno di lui.
<Marcos, non ha abboccato, devi scappare. Sa tutto!  Mi aspetta nel parco, e io ora devo andare. Dice che ti ha fatto seguire da un investigatore e che ha scoperto il tuo passato, non c’è tempo vuole chiamare la polizia, devi andartene subito! Io la tengo buona per un po’ e poi vengo da te. Sono vere quelle cose che dice, che ti cercano? Ma non mi importa, ora però scappa.>
<Quella troia, quella troia, quella troia.> Marcos sembra essere in trance, guarda fisso davanti a sé, gli occhi che piano piano si caricano di rabbia e odio. Serra i pugni, le vene del collo si gonfiano. Eva lo bacia e lo supplica. Ma lui è lì, duro come il marmo, il respiro che accelera. All’improvviso Marcos scatta, rovista nei cassetti lancia tutto in aria, cerca la pistola. Eccola lì, nella sua mano, lucida e letale.
<No Marcos, cosa vuoi fare!> Eva gli si scaglia addosso, tenta di bloccarlo, ma è troppo forte ed infuriato per lei.
<Ti aspetta nel parco, eh? Bene andiamo a farci due chiacchiere con quella maledetta lesbica.>
<No Marcos, ti prego, non farlo, fallo per me, a me non interessa nulla né di lei, né dei soldi, io voglio solo stare con te! Ti prego, così mi fai morire!> le suppliche di Eva cadono nel vuoto. Come un treno Marcos si fionda sulle scale e poi in strada. Eva lo segue, le gira la testa e la gola le stringe, è esausta. Sa che non manca molto. Non manca molto alla pace, solo un piccolo sforzo.
Marcos marcia per la strada a passo deciso, Eva lo rincorre, vorrebbe convincerlo a non fare follie ma pensa che non serva a niente, tutto è fatto tutto è deciso, non riesce a staccare gli occhi dalla pistola che Marcos tiene in tasca.
<Margot! Dove sei, Margot? Vieni fuori devo dirti una cosa.> Marcos urla come un ossesso guardandosi intorno freneticamente. Margot è ferma vicino ad un vecchio abete con le braccia incrociate.
<Cosa vuoi Marcos? Pensi di spaventarmi? Sei solo un cagasotto.>
<Cosa hai detto puttana?> Marcos sta per tirare fuori la pistola dalla tasca di dietro quando Margot gli si fionda addosso con una tale furia che lo coglie di sorpresa. La pistola vola via, Eva che è pietrificata a guardare tutta la scena. I due si rotolano per terra, Margot gli morde il braccio e Marcos tira un urlo acuto, da donna.
Margot si svincola e si fionda sulla pistola. Marcos tenta di bloccarla, il suo volto paonazzo è rigato dalle lacrime. Margot ha la pistola in mano, Marcos le si lancia contro, Margot preme il grilletto e la pallottola esplode.
Eva trasalisce per il boato, il sangue le si gela nelle vene. Marcos cade a terra come un fagotto. Per qualche attimo è tutto fermo, solo gli uccelli volano via dopo il colpo di pistola. Margot guarda Eva con occhi smarriti, butta la pistola a terra e scappa verso il centro del parco, tra gli alberi. Eva guarda il corpo inerme di Marcos riverso su un fianco, non lontano da lei giace la pistola, può raggiungerla senza fatica, deve solo allungare un po’ il braccio, non ha mai sparato ma non dovrebbe essere difficile, Margot ce l’ha fatta. Anche per lei basta un colpo solo e poi basta.


<Ok, stop!> urlò Jacques Gustav, il regista, da dentro il suo bugigattolo mobile coronato da antenne che lo facevano assomigliare a una navicella spaziale, intanto gli assistenti di scena spuntavano da dietro gli alberi e i cespugli, correndo verso i tre, anche qualche cameramen continuava a riprendere, correndo verso l’epicentro della scena.



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