oltretomba parte 2

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Deve uscire, il monolocale la soffoca, si veste con i primi vestiti che trova. Proprio quando sta per aprire la porta e uscire, qualcuno citofona. Si immobilizza. Marcos le dice sempre di non aprire a nessuno, di far finta di non esserci. Ma il citofono insiste. È un suono alto, sgradevole. Eva si affaccia da dietro le tende e intravede un tizio che non ha mai visto. L’uomo, spazientito, guarda verso le finestre della casa a due piani. Sembra non sapere esattamente dove guardare. Attraversa la strada e si mette ad aspettare appoggiato a un palo delle luce. Si guarda intorno e guarda l’orologio. È un uomo sulla quarantina, con pochi capelli biondi. Eva decide che è meglio non uscire finché non se ne va. Ogni dieci minuti guarda fuori ma il tizio sembra non mollare. Dopo un’ora, sbirciando da dietro le tende vede il tizio parlare al telefono. Dopo che si è rimesso il cellulare in tasca guarda di nuovo verso le finestre del primo piano e si avvia correndo, lungo la strada. Sconcertata, Eva decide di aspettare ancora qualche minuto, prima di uscire. Proprio quando apre la porta dell’appartamento si ritrova Marcos davanti.
<Oddio, l’hai incontrato per caso?> gli chiede spaventata.
<Chi? Non ho incontrato nessuno.> Marcos la sposta ed entra in casa.
<Un tizio! Ha citofonato a lungo e poi si è appostato dall’altra parte della strada per un’ora! Io non ho risposto, ho fatto finta di non esserci.> Marcos la oltrepassa senza degnarla di uno sguardo e butta a terra il borsone della palestra. <Chi era? L’avevi mai visto?> Non sembra preoccupato. Ma lui non è mai preoccupato.
<Non lo so, non l’avevo mai visto, non mi pare, almeno.>
<Non importa, hai fatto bene a non aprire, ma adesso siediti che ti devo parlare di una cosa importante.> Marcus prende Eva per le spalle e la fa sedere sul divano, tira una sedia e si piazza davanti a lei.
<Ho già pensato a tutto io. Guarda> dalla tasca dei pantaloncini tira fuori una lettera <Con questa lettera devi andare dalla tua amica e avremo quello che ci serve, questa lettera minaccia i tuoi genitori di ritrovarsi sul marciapiede se non pagano ventimila sterline, tu quindi sei disperata, non sai come aiutarli e l’unica soluzione è tornartene a casa dai tuoi per dare una mano, lavando i piatti o dando via il culo a qualche vecchio bavoso. Ovviamente lei non accetterà di perderti e ti darà i soldi, ce li ha sicuramente.>
<Come hai avuto quella lettera? Chi l’ha mandata?> il cuore di Eva accelera, la testa le gira un po’ e ha la netta sensazione di essere condannata, a cosa non lo sa bene.
<L’ho fatta fare io, sveglia! È la lettera di un grande studio legale che intima ai tuoi poveri vecchi di pagare se non vogliono trovarsi sotto ad un ponte! È perfetta, sembra autentica, con timbri postali e tutto> Marcus le porge la lettera.
Eva la tiene in mano ma non la apre.
Eva quella lettera la tiene in tasca per diversi giorni. Margot la chiama quasi ogni giorno, ma lei trova la scusa per non andare. A Marcus non lo dice, anzi gli fa credere proprio che va da Margot, in realtà vaga per la città per qualche ora, senza meta, ogni tanto deve entrare in qualche bar per vomitare in bagno, a volte lo fa dietro gli alberi o nei cespugli. La sua meta preferita comunque rimane il lungo fiume. Si siede su una panchina e guarda l’acqua che scorre, imperturbabile e inesorabile.
A Marcus ogni giorno racconta una bugia nuova. Le ho fatto vedere la lettera. Ha bisogno di tempo per trovare i soldi e così via.
Un giorno mentre ozia su una panchina sotto gli effetti di una pastiglia di Marcus, con lo sguardo perso nel vuoto, si sente una mano sulla spalla. Si volta e vede Margot che la guarda incredula.
Eva la guarda spaventata, cosa diavolo ci faceva lì?
<Cosa ci fai qui? Sono giorni che ti cerco e a casa non ci sei mai.>
<Mi sto solo rilassando un po’ davanti al fiume è una bella giornata. Tu cosa ci fai qui?> ribatte Eva scocciata dalla coincidenza. Proprio la persona che cercava di evitare la trova per caso su una panchina.
<Ero all’ufficio postale qui davanti, mi hanno chiamato per un pacco da ritirare proprio in questa sede, ma a quanto pare era un errore, non c’era nessun pacco.> Margot si siede affianco a Eva e la studia perplessa. <Dai Eva vieni con me che ti offro il pranzo>
Mangiano in un bar non lontano, Eva chiede un tramezzino che lascia a metà. Margot mangia la sua insalata mentre cerca di scuoterla, le chiede dove fosse finita, come vanno le cose con lui, e del come pensa di andare avanti così. Eva risponde evasivamente, pensa alla lettera che ha in tasca e non sa se riesce a dargliela. È sicura che se non fosse per la pillola si sarebbe fatta prendere dal panico.
Dopo pranzo Margot insiste perché Eva vada con lei da un amica. L’ha appena chiamata a sorpresa e l’ha invitata per un tè. Eva accetta controvoglia. È ancora combattuta sulla lettera. Deve consegnarla ma non riesce a farlo. Cede sotto l’insistenza di Margot. Prendono un taxi.
L’amica di Margot abita dall’altra parte della città, in periferia. Il tragitto sembra non finire mai. I palazzi del centro lasciano via via spazio ai quartieri residenziali che a loro volta lasciano il posto a grossi palazzi popolari e zone industriali. Quando arrivano il sole sta già tramontando.
Davanti alla faccia perplessa di Eva, Margot si sente in dovere di spiegare <è un’amica di famiglia, e ha una dote particolare.>
<Cioè?> Chiede Eva mentre scendono dal taxi e si incamminano verso l’ingresso di un palazzone fatiscente. <È una persona illuminata, diciamo. Ha una dote, aiuta le persone.> spiega Margot.
<Ti prego dimmi che non è una strega Wicca o New Age o roba simile.>
<No Wicca direi di no, lei parla con gli spiriti, spiriti di defunti, spiriti guida e cose così, a me è sempre stata utile. Facciamo le scale, gli ascensori qui puzzano di piscio.> Prendendola sottobraccio Margot la guida fino al quinto piano. Eva si lascia guidare un po’ inquieta.
All’ingresso, dalla sua cornice, San Giovanni Battista studia gli avventori con occhi indagatori. La signora Selpow è gioviale e cortese, gli offre il tè e una montagna di biscotti, la casa è piccola e piena di cianfrusaglie di ogni tipo, al centro della sala un grosso tavolo di legno che occupa quasi tutto lo spazio. Selpow è molto premurosa e fa tante domande a Margot per sincerarsi su come vanno le cose. Ogni tanto lancio un occhiata piena di apprensione a Eva, che invece cerca di passare il più inosservata possibile. Ad un certo punto la signora Selpow si blocca nel mezzo di una frase, allunga la mano e stringe quella di Eva posta sul tavolo, la guarda con occhi pieni di comprensione, le stringe la mano fortemente. Eva non sa bene cosa fare, teme che quella strana tizia possa in qualche modo leggerle dentro, intuire le sue intenzioni. Come se quella mano che stringe la sua, potesse carpire i suoi segreti come due vasi comunicanti.
<Ho un messaggio per te.> dice la signora Selpow legandosi i folti capelli dietro la nuca e prendendo una penna e un blocchetto per gli appunti da un cassetto del tavolo.
<Cazzo, è la prima volta che vieni e già hanno messaggi da recapitarti! > Margot la canzona divertita. La Signora Selpow intanto riprende a parlare del più e del meno. Si lamenta dei vicini e delle ginocchia che le dolgono. Mentre lei parla e guarda le ragazze, la sua mano destra, come fosse dotata di vita propria, scrive sul blocchetto. La signora Selpow non guarda mai ciò che la mano scrive. Margot, tutta soddisfatta, fa cenni con la testa a Eva perché guardi il prodigio. Quando la mano ha finito e posato la penna, la signora Selpow stacca il bigliettino e dopo averlo piegato in due lo porge a Eva.
<Per te, arriva dall’alto, il mio spirito guida, lui sa cosa dice.>
Eva, un po’ titubante, prende il foglio. <Lo leggo dopo.>
<Ma certo cara, è tuo puoi farci quello che vuoi! Tieni mangia qualche altro biscotto, hai una brutta cera.>
<Posso chiederti da chi arriva questo messaggio?> Indaga nervosamente Eva.
<Malak, il mio spirito guida, è un entità superiore, capisci? Malak può guidarci verso le cose giuste, è uno spirito di luce, un'entità benigna. Vuole il nostro bene e si interessa del nostro destino. Stai tranquilla cara, segui il suo consiglio, non rimarrai delusa> La signora Selpow le dà teneri buffetti sulla mano. Eva intanto sente tutta la tensione sullo stomaco, il tè e i biscotti le tornano su.
<Posso andare in bagno?> chiede Eva.
<Subito vicino all’ingresso, vai pure> Risponde Selpow con un sorriso.
In bagno, Eva tira fuori il biglietto:
“Il tempo dell’attesa è finito. È il momento dell’azione. Grande ricompensa, agisci!”
Eva seduta sul bordo della vasca, riflette su quelle parole e si sente meglio, aveva temuto qualche accusa, ha trovato solo incoraggiamento. Nessun giudizio.
Il resto della visita lo passa distrattamente, ma serena e decisa ad agire. Si sente un po’ più forte e in controllo. Grazie Malak o come ti chiami, pensa. Spero che tu non ti sbagli.
Quando tornano in strada il cielo è stellato e l’aria frizzante. Aspettando il taxi Margot chiede a Eva come le era sembrata la sua amica, le chiede del messaggio e si rallegra nel vederla più viva e rinvigorita.




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