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come l'oceano finale

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precedentemente in come l'oceano Era il 12 settembre 2005, Kiyoshi scese dall’autobus, la fermata era a pochi passi dalla sua destinazione. Il santuario era addobbato con candele e lanterne accese, c’era già una piccola folla che si era raccolta vicino all’ingresso, tra quelle persone Kiyoshi scorse i suoi genitori, erano l’uno accanto all’altra. In quell’istante Kiyoshi si rese conto di non aver mai visto i suoi genitori tenersi per mano, neanche quando erano ancora una famiglia. Con la sensazione di un macigno sul petto, Kiyoshi si avvicinò loro, avevano le facce stanche e spossate, erano stanchi di vivere, stanco l’uno dell’altra, questo li faceva sembrare più vecchi di quel che in realtà fossero. Erano decisamente invecchiati prima del tempo, anche se erano abbastanza vivi per esser morti dentro da anni. Quando Hiroko vide che il figlio si stava avvicinando lo salutò con un ciao sussurrato, quasi fosse capace di emettere ultrasuoni. Non aveva mai smesso di parlare

come l'oceano parte 5

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precedentemente in come l'oceano Kiyoshi   Kiyoshi aveva solo sei anni quando scelse di diventare adulto. Lo decise nel momento in cui vide sua madre seduta accanto al corpo della sua sorellina senza vita, anche se sembrava che stesse dormendo, solo che la pelle era un po’ più violacea. Si era sempre immaginato la morte più spaventosa, più plateale, non aveva visto nessuno shinigami, eppure sua sorella non era più viva. E adesso cosa sarebbe successo? Come funzionava, e lei dove sarebbe andata? Ci sarebbero dovuti andare anche loro con lei? L’avrebbero semplicemente accompagnata? Ci avrebbero pensato mamma e papà? Lui cosa avrebbe dovuto fare? Non c’era un modo per cambiare quel che era successo? Con chi avrebbe giocato? Con chi avrebbe litigato? Mentre si faceva tutte queste domande la sua attenzione cadde sul volto di sua madre. Era sempre stata una donna molto composta, capace di trattenere la rabbia di celare cosa sentiva, ma in quel corridoio freddo di ospedale s

come l'oceano parte 4

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precedentemente in come l'oceano Hiroko Hiroko aveva stretto fortissimo la sua piccola nella corsa da casa all’ospedale. Dentro di lei era scattata un’assurda idea; se l’avesse stretta forte la sua Sakurochan sarebbe rimasta con lei e non se ne sarebbe andata per sempre. Il vortice della depressione la risucchiò il giorno stesso, nello stesso istante in cui gli shinigami le avevano portato via la sua bambina. Hiroko, dopo la morte di Sakuro, dedicava tutta la sua giornata a recitare preghiere al fine di incoraggiare lo spirito della figlia a distaccarsi e incamminarsi verso l'aldilà.   Investiva le poche energie che le erano rimaste nell’organizzazione di cerimonie commemorative, non voleva che il reikon, lo spirito di Sakurochan, rimanesse in eterno sulla terra, ma voleva che fosse contento del modo in cui era commemorato, così da consentirgli di riunirsi agli antenati nell'aldilà. Inoltre, credeva che se le cerimonie si sarebbero svolte nel modo appropria

come l'oceano parte 3

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precedentemente in come l'oceano Amane Amane non era mai stato un uomo capace di esprimere i propri sentimenti, né con una carezza né tantomeno con le parole, o con un semplice sguardo. Allo stesso tempo, era uno di quegli uomini orgogliosi, sarebbe stato pronto a impugnare la katana e tagliare via l’eventuale pericolo. Non aveva messo su famiglia per amore, ma per dovere, doveva portare avanti il nome di famiglia e rendere orgogliosi gli antenati. Non aveva mai amato profondamente la sua Hiroko, non si era mai perso nei suoi occhi, ubriacato del suo sapore, o inebriato del suo profumo. L’aveva scelta solo perché la riteneva capace di compiere i suoi doveri, di essere moglie e madre, di essere abbastanza forte da non aver bisogno di dimostrazioni di affetto, o di un uomo che si ricordasse anniversari e date. Sapeva che anche per lei sarebbe bastata una convivenza complice, serena e senza troppe pretese. Su questo si trovarono e fu il segreto che gli permise di viv

come l'oceano parte 2

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precedentemente in come l'oceano Gocce di sudore gli scendevano lungo la schiena. Doveva calmarsi, non poteva uscire in quello stato, le mani gli tremavano, la testa gli girava, le gambe stavano perdendo la loro forza, come se all’improvviso i muscoli si fossero atrofizati. Cercò di riprendere il controllo di sé. Infilò una mano nella tasca, trovò le chiavi, infilò l’altra mano nella tasca, questa volta trovò quel che cercava, il pacchetto di sigarette, lo aprì, estrasse l’accendino e la sigaretta. Era l’ultima. Quella del desiderio. Era uno stupido gioco che continuava a fare, anche se non credeva a queste cose, ma ormai il fatto di girare la prima sigaretta del pacchetto e fumarla per ultima era un’abitudine, un gioco, un divertimento che si era trasformato in abitudine, perdendo la suggestione iniziale, era solo un gesto automatico. Non esprimeva neanche più il desiderio. Nonostante ciò, ogni volta che accendeva la sigaretta del desiderio una strana smorfia - for

come l'oceano parte 1

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Penso ci siano momenti in cui devi trasformare i sentimenti in parole perché vengano capiti.  (Hiromu Arakawa)  Kiyoshi Era il 12 settembre 2005, era un lunedì, e come la maggior parte dei lunedì non era né facile né felice. Quella mattina Kiyoshi si era svegliato con un pensiero, non del tutto sconosciuto, in testa. In parte lo conosceva, aveva imparato a convivere con quel pizzicore tra i pensieri. Nonostante il peso di questo tarlo spostò le coperte, si sedette sul letto, cercò con i piedi le pantofole, senza trovarle si alzò e si diresse verso il bagno a piedi nudi. Quella mattina lo infastidiva anche il suo stesso riflesso. Non che fosse più brutto del solito, ma quel giorno non riusciva proprio a guardarsi dentro. Quel giorno il riflesso non gli restituiva la sua immagine esterna, ma quella più nascosta, riusciva a scorgere, in quegli occhi riflessi, la sua paura, i sensi di colpa, il dolore. Solo a guardarsi si sentiva, si vedeva, come un impotente che dal