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caro babbo natale finale

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precedentemente in caro babbo natale Quando riaprii gli occhi la volta successiva ero in un letto di ospedale, la stanza era addobbata a tema natalizio, sulle pareti c’erano disegnati Topolino, Pluto e altri personaggi Disney, sui vetri della finestra c’erano dei fiocchi di neve, quelli fatti con lo spray. Accanto a me c’era una signora, aveva l’aria un po’ preoccupata, era seduta alla destra del mio letto. Aspettava che mi svegliassi. Quando vide che ero sveglio mi chiese come stavo, io non le risposi. Mia madre mi aveva sempre detto di non parlare con gli sconosciuti. La signora però insisteva. Rimase al mio fianco anche per il pranzo, per il mio pranzo di Natale in un letto di un ospedale pediatrico. A pranzo non mangiai molto, provò a corrompermi con della cioccolata. Aveva uno sguardo che mi faceva quasi pena, alla fine le proposi un accordo. Io avrei mangiato se lei mi avesse detto dove era mia madre. Quel giorno di Natale fu l’ultimo giorno che vidi mia madre, ch

caro babbo natale parte 2

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precedentemente in caro babbo natale Aveva già imprecato diverse volte. Aveva maledetto alcuni dei personaggi cari ai cristiani. Non so se Gesù avrebbe voluto averla a casa sua dopo quel che mia madre aveva detto. Avrei voluto che Gesù le avesse detto che era contento del pensiero, ma che avrebbe preferito che lei, mia madre, fosse tra gli assenti al suo compleanno. Non lo ha fatto. Gesù non ha detto né a me, né a mia madre di non andare da lui. Di corsa, era già tardi, siamo saliti in macchina. Era freddo. In quei giorni c’era la neve ed era sempre freddo, quando uscivamo mia madre apriva il cancello, io aspettavo che tornasse alla macchina per salire insieme a lei, e nel frattempo che mia madre apriva il cancello io facevo finta di fumare. Ovviamente non fumavo davvero, era il freddo che faceva uscire una nuvoletta di vapore dalla mia bocca. Io mi sentivo grande in quei momenti. Ma quel giorno era tardi per giocare, e dovevo essere grande davvero, non potevo giocar

caro babbo natale parte 1

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Era il 25 dicembre, il giorno di Natale. Quel giorno mia madre voleva andare in chiesa a tutti i costi, non ho mai capito il perché. Le altre domeniche non andava mai. Andava solo a Natale, Pasqua, matrimoni e funerali. Non l’ho mai vista pregare. A volte la sentivo dire “se Dio vuole”, ma nulla di più. Ricordo che, quando ero piccolo, comprava sempre i lumini per il mese dei morti. Novembre. A me i lumini piacevano, erano di quelli con la fiammella in plastica, fondamentalmente erano delle lampadine a pile a forma di lumino che pagavi il doppio di quel che valevano. Comunque, quel giorno era il giorno di Natale. Mia madre mi aveva fatto indossare i vestiti buoni. Una camicia bianca, di quelle con i bottoni agli angoli del colletto. Una cravatta blu, di quelle da bambino, con il nodo finto, ma con la zip. Un gilet di lana, anche quello blu, ma con dei rombi sul bordeaux. I pantaloni erano color cachi. Le scarpe erano classiche e nere. I calzini erano con le renne d