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Visualizzazione dei post da febbraio, 2019

oltretomba parte 2

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precedentemente in oltretomba Deve uscire, il monolocale la soffoca, si veste con i primi vestiti che trova. Proprio quando sta per aprire la porta e uscire, qualcuno citofona. Si immobilizza. Marcos le dice sempre di non aprire a nessuno, di far finta di non esserci. Ma il citofono insiste. È un suono alto, sgradevole. Eva si affaccia da dietro le tende e intravede un tizio che non ha mai visto. L’uomo, spazientito, guarda verso le finestre della casa a due piani. Sembra non sapere esattamente dove guardare. Attraversa la strada e si mette ad aspettare appoggiato a un palo delle luce. Si guarda intorno e guarda l’orologio. È un uomo sulla quarantina, con pochi capelli biondi. Eva decide che è meglio non uscire finché non se ne va. Ogni dieci minuti guarda fuori ma il tizio sembra non mollare. Dopo un’ora, sbirciando da dietro le tende vede il tizio parlare al telefono. Dopo che si è rimesso il cellulare in tasca guarda di nuovo verso le finestre del primo piano e si avvia corre

soffice come il velluto parte 2

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precedentemente in soffice come il velluto  Non ricordo come sapevo tutto ciò, ero anche a conoscenza che se io non fossi stata lì, loro si sarebbero sentiti a loro agio a esibire il loro vero volto. Un volto non di pelle, ma d’ossa. Non ricordo come sapevo tutto ciò. Rimasi per un lasso incerto di tempo in uno stato tra curiosità e terrore, l’unica costante era il blu, la nebbia, il freddo, le parole non chiare e il tutto così realmente intangibile. Qualcosa attrasse la mia attenzione risvegliandomi da quello stato di trance, mi voltai verso le sagome alla mia destra, fu allora che capii che quelle figure oscure avevano le idee molto più chiare di me. A loro il blu, la nebbia e il freddo non offuscavano il cervello. Riuscii, inspiegabilmente, o senza un’apparente ragione, a comprendere ciò che volevano, volevano che aprissi la porta alla mia sinistra. Una porta che fino ad un secondo prima non era lì. Una porta che iniziò ad esistere solo nell'instante in cui ne presi

oltretomba parte 1

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Eva indugia davanti alla vetrina, in realtà desidera solo che tutto il mondo scompaia. Ha vagato per le strade in preda a un attacco di panico, le semi deserte stradine laterali la placano un po’, ma continua a tornare sul vialone trafficato, dove al numero 39 dovrebbe citofonare. Il sole sta calando dietro i palazzi, il vento fa volare cartacce, alza la polvere in nubi turbinose e fa rabbrividire i passanti. Le gira la testa e le sembra che la gente la guardi sapendo, sapendo che non ce la fa. Il battito è accelerato, suda freddo, le sembra di morire. Ora è davanti alla vetrina di un negozio di scarpe vicino al numero 39, ha già provato a citofonare due volte senza farcela, l’idea di andarsene un po’ la calma, sì, oramai è decisa ad andarsene, non può salire in quelle condizioni. Non ce la fa. È già in ritardo. Il riflesso nella vetrina mostra una ragazza emaciata, gli occhi cerchiati, la mascella serrata. Com’è arrivata così in basso? Quando è successo? Se ne va, ha deciso.

soffice come il velluto parte 1

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Mi ricordo, ero lì in cima alle scale, era il primo gradino dell’ultima rampa. Saranno state una quindicina di scale, sarà perché ero piccola, sarà perché era tutto blu, sarà perché avevo paura, a me sembravano ripidissime e smisuratamente interminabili, come se portassero oltre il pavimento, oltre la terra. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Ricordo il suo fiato caldo vicino al mio orecchio, sul mio collo, sulla mia spalla. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Ricordo, senza toccarmi mi spingeva. Non sentivo né la sua mano, né il suo calore vitale. Sentivo solo un’opprimente, soffocante, asfissiante voce che tentava di persuadermi ad alzare il piede destro dal primo gradino per posarlo su quello successivo, così, da alzare poi il piede sinistro e portarlo sullo stesso scalino dove ora si trovava il destro. Così da andare avanti, o meglio, verso il basso. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Non mi voltai. Avevo uno strano sentore, l’odore della paura mi era en

rivoluzione automatizzata finale

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precedentemente in rivoluzione automatizzata Gianni si addormentò con la lettera sul petto. Quella notte fece uno strano sogno. Una lunga processione di umanomatic sfilava per una lunga e ampia strada desolata. Era sera ma le basse case ai lati della strada erano buie, abbandonate. La processione era lenta e solenne, un senso di oppressione e tristezza permeava l’aria. Gli umanomatic erano diretti verso l’imbocco di un imponente ponte che sembrava proseguire oltre l’orizzonte, sorvolando l’oscurità. Sotto il ponte, una barocca costruzione che sembrava essere composta di soli circuiti svettava altissima a rasentare la base del ponte. Al suo interno Gianni poteva vedere decine e decine di umanomatic disposti in un cerchio perfetto. Erano tutti collegati tra di loro da fasci di energia azzurra, che vibrava e danzava nervosamente. All’interno del cerchio la materia primordiale dell’universo, (Gianni sapeva questo dettaglio senza che gli fosse riferito, come succede in molti sogni

isak finale

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precedentemente in isak Comunque... ti stavo dicendo... quando nascerai non capirai un c… urc! un granché, crescerai e ti andrai bene come sarai, con tutti i tuoi difetti, con i capelli troppo corti, o troppo crespi, con i pantaloni smessi da tuo fratello maggiore, che tu però non hai, o con la maglietta macchiata, con le mani sporche di colore perché hai dovuto disegnare la mappa del più grande tesoro mai nascosto. Ma poi, piano piano crescerai e i capelli diventeranno sempre meno gestibili. Ci sarà chi ti farà sentire forte perché sarai un maschiaccio che gioca con i camion e le moto o ti sentirai un debole, una femminuccia, perché ti piaceranno le bambole e sarai diverso, ma, piccolo mio, voglio svelarti che sarai diverso dagli altri chiunque tu sarai, qualunque cosa tu farai. Verrà il momento in cui ti accorgerai di avere il lato della mano tutto macchiato di bianco per colpa di quella maledetta scolorina, allora ti vergognerai, proverai a strofinarlo via, ma niente, non ve

rivoluzione automatizzata parte 4

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precedentemente in rivoluzione automatizzata Casualmente, proprio pochi giorni dopo, la Cazio lanciò sul mercato un nuovo modello di umanomatic. Il GR8000 prometteva, grazie al suo processore tetracore da 6Ghz e una rivoluzionaria capacità di calcolo, di elaborare una elevatissima quantità di dati e di combinarli tra di loro in modo da ottenere il miglior risultato possibile. Le centinaia di tecniche per passare l’aspirapolvere, dalla sua invenzione ad oggi, con un database che comprende tutti i modelli di aspirapolvere mai prodotti, venivano combinate e rielaborate. Chiaramente non ci volle molto per capire che questa enorme capacità di sintesi aveva molto potenziale. I ragazzi del comitato tecnico furono tra i primi a mettere le mani su un GR8000. La macchina venne analizzata a fondo, tutti i “blocchi” imposti dal produttore furono superati facilmente. Intere biblioteche di politica, sociologia, economia, antropologia e statistica vennero riversate nel prototipo, chiamato sen

isak parte 1

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Ciao Isak, come stai oggi? Io come sempre, forse un po’ peggio, negli ultimi tempi ho mal di schiena, anche le caviglie iniziano a risentirne un po’. La dottoressa dice che è del tutto normale, e se lo dice lei… facile parlare per chi non è nel mio stato. Ieri abbiamo quasi rischiato di andare in ospedale, prima però abbiamo avvisato la dottoressa, che però ci ha detto che non era il caso, che avremmo potuto gestire la situazione a casa, e così infatti è stato, insomma una piccola scarica di adrenalina. Questo mi ha fatto pensare che in questa fase forse è meglio avere una valigia pronta, nel caso debba correre in ospedale. La dottoressa ha detto che in questo periodo situazioni come quella di ieri sera possono essere frequenti, e che possono sfociare in situazioni in cui è necessario andare in ospedale. Per questo abbiamo deciso di farci trovare pronti, ma tu non ti preoccupare troppo. Dai dimmi un po’... cosa stai facendo adesso? Starai dormendo? Spesso mi chiedo se è capitato