rivoluzione automatizzata parte 4


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Casualmente, proprio pochi giorni dopo, la Cazio lanciò sul mercato un nuovo modello di umanomatic. Il GR8000 prometteva, grazie al suo processore tetracore da 6Ghz e una rivoluzionaria capacità di calcolo, di elaborare una elevatissima quantità di dati e di combinarli tra di loro in modo da ottenere il miglior risultato possibile. Le centinaia di tecniche per passare l’aspirapolvere, dalla sua invenzione ad oggi, con un database che comprende tutti i modelli di aspirapolvere mai prodotti, venivano combinate e rielaborate. Chiaramente non ci volle molto per capire che questa enorme capacità di sintesi aveva molto potenziale. I ragazzi del comitato tecnico furono tra i primi a mettere le mani su un GR8000. La macchina venne analizzata a fondo, tutti i “blocchi” imposti dal produttore furono superati facilmente. Intere biblioteche di politica, sociologia, economia, antropologia e statistica vennero riversate nel prototipo, chiamato senza molta fantasia “Marx”. Inoltre la macchina venne collegata alla rete e venne abbonata a tutti i database accessibili. La macchina impiegò diversi giorni per elaborare i dati. All’alba del settimo giorno Marx era pronta. Ma purtroppo gli era stato affidato un compito fin troppo impegnativo; a qualsiasi quesito la macchina impiegava ore e a volte giorni ad elaborare le risposte. Per quanto potente, da sola non ce la faceva. Con un grosso investimento economico, i soldi vennero raccolti online, furono acquistate altre 4 nuove macchine Gr8000. I ragazzi del tecnico impiegarono diversi giorni alla messa a punto delle macchine, lavorando quasi 20 ore al giorno, supportati anche da tutti i partecipanti al Comitato Tecnico Allargato che altri non erano se non persone con qualche nozione non residenti nella capitale. A dire il vero non tutti i membri del Comitato Tecnico Allargato capivano qualcosa di informatica o robotica, il loro contributo alla fine si rivelò più che altro dannoso. Purtroppo bisognava far partecipare tutti per non sembrare elitari, o almeno pensavano così quelli del Comitato Tecnico ristretto. Le quattro macchine furono collegate tra di loro in modo da funzionare all’unisono, come un'unica grande mente polifonica. Il nome rimase Marx, nonostante le proteste di molti che preferivano un nome meno “di parte”.
Marx funzionavano a meraviglia, le macchine erano in grado di elaborare precisi modelli di articolazione statale, prevedendone pure la percentuale di affidabilità. Molte risposte e soluzioni che le macchine fornivano ai più disparati quesiti andavano al di là delle capacità del neonato Comitato Strategico, nato apposta per l’occasione, di comprenderle. Alcune furono spedite a qualche professore universitario, ma i pochi se si erano resi disponibili le stavano ancora studiando, ma le prime impressioni parlavano di risultati illuminanti.
Di li a poco la gestione di tutta la faccenda passò nelle mani dei Marx e il neonato Comitato Strategico venne sciolto. Era chiaro a tutti che erano gli unici con le idee chiare. Tutte le macchine che avevano partecipato alle precedenti manifestazioni vennero collegate ai Marx. Ormai tutto era, totalmente, automatizzato. I Marx calcolavano dove e quando era più strategico manifestare. E non sbagliavano un colpo. Per qualche motivo, il misero lavoro dei ragazzi che avevano tentato di adattare le macchine a compiti per le quali non erano state concepite, diede dei frutti totalmente sproporzionati alle realistiche aspettative. Chi si sarebbe mai aspettato che degli aspirapolveri evoluti potessero, con poche modifiche, avere delle capacità semidivine? Molti, vista l’evoluzione dei fatti a venire, avrebbero fatto fatica a credere che le cose fossero andate per davvero così.

Gianni ormai era tagliato fuori, come tutti gli altri del resto. La cosa un po’ l’aveva deluso ma si convinceva che la cosa stava andando oltre le sue capacità. Forse era meglio così, le macchine parevano saperne più di tutti. I Marx, tuttavia, in base ai loro calcoli socio-psicologici, non smisero di comunicare con gli umani, sulla pagina Global-socials delle manifestazioni, veniva sempre dato conto delle iniziative. Le comunicazioni più importanti e confidenziali venivano comunicate solo ai vecchi membri dei vari comitati, quelle da diffondere ai media a tutti. Finalmente la sera del 14 agosto arrivò uno striminzito comunicato alla cerchia interna:
“Domani gli Human-o-matic si insedieranno nel parlamento e nella sede del consiglio dei ministri, il vecchio parlamento verrà sciolto.”
Sulle prime molti pensarono a un errore o a uno scherzo di ferragosto e comunque sia nessuno era libero per pensarci troppo. Tra i pochi a non essere in giro a fare baldoria c’era Gianni. Lui aveva capito subito. Wilma collegata al carica batterie si preparava all’indomani. Gli sembrava avere un’aria più grave e risoluta nella penombra dello sgabuzzino. Gianni invece fu travolto dall’euforia, ciò a cui lui aveva dato inizio, stava diventando qualcosa di terribilmente serio, forse epocale. Certo la fase più importante lo vedeva ai margini, ma era lui che aveva acceso la miccia. Come aveva potuto Adele non rendersene conto? Ma basta, a lei non voleva più pensare, e l’indomani anche i più distratti avrebbero capito la portata della sua idea. Certo le cose potevano andare male. Ma ormai aveva una fiducia incondizionata nelle macchine. Loro sembravano sapere tutto. Almeno sembravano sapere bene di cosa c’era bisogno.
Poco prima della mezzanotte Gianni si coricò a letto, la tensione per ciò che aspettava il giorno venturo non lo faceva dormire, dal cassetto del comodino tirò fuori una busta ormai ingiallita, con cura estrasse le due paginette ripiegate e le aprì. Era la lettera che gli scrisse suo padre prima di morire. Quando suo padre si ammalò e nel giro di pochi mesi perse la vita, Gianni aveva solo nove anni. All’età di quattordici sua madre gli consegnò la lettera che suo padre gli scrisse poche settimane prima di morire. Da allora Gianni la rileggeva nei momenti in cui si sentiva più sotto pressione. Gli dava forse e un senso di calore interiore, si sentiva meno solo e meno smarrito.
Gianni la rilesse ancora una volta:
Caro figliolo,
ti scrivo questa lettera perché non credo che potrei dirti queste cose in faccia senza scoppiare a piangere e di lacrime ultimamente in casa ce ne sono state fin troppe. E poi ora sei ancora molto piccolo per capire quello che ti voglio dire. Quando leggerai questa mia lettera da grande, capirai meglio ciò che ti voglio dire. Purtroppo la vita procede solo secondo dei piani più grandi di noi. Questa malattia che presto mi porterà via è ciò che la vita a riservato a me e se ci penso su mi sembra un finale senza senso. Perché ora? Cosa ho fatto nella mia vita? Quale è stato lo scopo di tutti i sogni fatti da piccolo che non potrò mai realizzare, di tutta la fatica spesa ad imparare a vivere? Invecchiare e vederti crescere mi sarà negato. Se la mia storia finisce così, che significato ha? Nei film tutte le storie hanno un senso compiuto ma a quanto pare nella vita no. Che cosa hanno significato questi 36 anni che ho vissuto? Se considero la mia di vita, mi sembra senza senso. Credo che per trovare il senso delle nostre vite, dobbiamo guardare all’insieme, prese singolarmente è come guardare un dito e chiedersi a cosa serva, poi vediamo il resto della mano e capiamo che il dito era solo parte dell’insieme. Nessuno di noi potrà mai guardare l’insieme delle nostre vite -tutte le nostre vite come esseri umani- nella loro totalità, passato presente e futuro perché quello appartiene allo sguardo di Dio e quindi il senso generale a noi è fatalmente precluso. Quindi a noi tocca solo fare quello che possiamo, il resto non ci riguarda. Per quanto mi riguarda mi piace pensare che almeno una cosa buona l’ho fatta e quella sei tu. Vivi figlio mio meglio che puoi, al resto non pensare. Non è di nostra competenza.
Papà


rivoluzione automatizzata continua...

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