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Visualizzazione dei post da maggio, 2019

come l'oceano parte 4

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precedentemente in come l'oceano Hiroko Hiroko aveva stretto fortissimo la sua piccola nella corsa da casa all’ospedale. Dentro di lei era scattata un’assurda idea; se l’avesse stretta forte la sua Sakurochan sarebbe rimasta con lei e non se ne sarebbe andata per sempre. Il vortice della depressione la risucchiò il giorno stesso, nello stesso istante in cui gli shinigami le avevano portato via la sua bambina. Hiroko, dopo la morte di Sakuro, dedicava tutta la sua giornata a recitare preghiere al fine di incoraggiare lo spirito della figlia a distaccarsi e incamminarsi verso l'aldilà.   Investiva le poche energie che le erano rimaste nell’organizzazione di cerimonie commemorative, non voleva che il reikon, lo spirito di Sakurochan, rimanesse in eterno sulla terra, ma voleva che fosse contento del modo in cui era commemorato, così da consentirgli di riunirsi agli antenati nell'aldilà. Inoltre, credeva che se le cerimonie si sarebbero svolte nel modo appropria

io sono il Sokomonnos

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C’era una volta un vignettista satirico di nome Puccio Pucci. Puccio Pucci era molto famoso e molto spiritoso, il suo spirito libero e senza compromessi sfornava vignette feroci e sferzanti. Pucci non risparmiava nessuno, in base al suo umore e gradimento sceglieva un obbiettivo della sua satira e ci dava dentro a più non posso, nulla era intoccabile nulla era sacro, ma davvero nulla! Un giorno Puccio Pucci decise che avrebbe satirizzato sugli handicappati.  Sì, sì aveva già in mente un sacco di gag su quegli sfigati! Sarebbe stato un numero fantastico! E chissà le vendite! Sarebbero schizzate in alto! E così fu. Il numero 127 di “Vignettica” che comprendeva una decina di vignette di Pucci sui disabili fece un sacco di scalpore, generò un sacco di polemiche e un sacco di vendite. Chiaramente la categoria dei disabili non ne fu contenta. La lega spastici tentò di protestare ma nessuno ebbe la pazienza di sentire cosa volevano dire (sapete com'è, sono un po’ lenti a parlar

come l'oceano parte 3

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precedentemente in come l'oceano Amane Amane non era mai stato un uomo capace di esprimere i propri sentimenti, né con una carezza né tantomeno con le parole, o con un semplice sguardo. Allo stesso tempo, era uno di quegli uomini orgogliosi, sarebbe stato pronto a impugnare la katana e tagliare via l’eventuale pericolo. Non aveva messo su famiglia per amore, ma per dovere, doveva portare avanti il nome di famiglia e rendere orgogliosi gli antenati. Non aveva mai amato profondamente la sua Hiroko, non si era mai perso nei suoi occhi, ubriacato del suo sapore, o inebriato del suo profumo. L’aveva scelta solo perché la riteneva capace di compiere i suoi doveri, di essere moglie e madre, di essere abbastanza forte da non aver bisogno di dimostrazioni di affetto, o di un uomo che si ricordasse anniversari e date. Sapeva che anche per lei sarebbe bastata una convivenza complice, serena e senza troppe pretese. Su questo si trovarono e fu il segreto che gli permise di viv

la fuga di mirek finale

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precedentemente in la fuga di mirek Un rumore di passi che si avvicinavano lo scosse, almeno tre persone si stavano avvicinando da sud. L’avrebbero punito per il tentativo di fuga? La scarica di adrenalina lo rafforzò, fece appello ad ogni energia residua ed arrivò fino in cima. Non sapeva come scendere ma rimanere lì in cima lo esponeva, senza pensarci si buttò giù oltre il muro. Atterò pesantemente su un fianco. Perse i sensi per qualche minuto. Quando si destò alzò gli occhi e vide l’esterno del muro, era fuori! Continuò a fissare il muro per alcuni minuti, non sicuro di riuscire a muoversi, una scritta sul muro, fatta da qualcuno con lo spray, attirò la sua attenzione anche se non riusciva a capirla, in italiano c’era scritto “i vostri disastri vi hanno portato a questo”. Gli sarebbe piaciuto capire cosa dicesse. Il braccio ed il fianco sinistro gli facevano malissimo. Si domandava quando si sarebbero accorti della sua assenza, avrebbero mandato i droni? Chissà se li avevano