la fuga di mirek finale



precedentemente in la fuga di mirek


Un rumore di passi che si avvicinavano lo scosse, almeno tre persone si stavano avvicinando da sud. L’avrebbero punito per il tentativo di fuga? La scarica di adrenalina lo rafforzò, fece appello ad ogni energia residua ed arrivò fino in cima. Non sapeva come scendere ma rimanere lì in cima lo esponeva, senza pensarci si buttò giù oltre il muro. Atterò pesantemente su un fianco. Perse i sensi per qualche minuto. Quando si destò alzò gli occhi e vide l’esterno del muro, era fuori! Continuò a fissare il muro per alcuni minuti, non sicuro di riuscire a muoversi, una scritta sul muro, fatta da qualcuno con lo spray, attirò la sua attenzione anche se non riusciva a capirla, in italiano c’era scritto “i vostri disastri vi hanno portato a questo”. Gli sarebbe piaciuto capire cosa dicesse. Il braccio ed il fianco sinistro gli facevano malissimo. Si domandava quando si sarebbero accorti della sua assenza, avrebbero mandato i droni? Chissà se li avevano lì, in quei giorni non ne aveva visti. Ma in qui giorni non era scappato nessuno per quanto ne sapesse. Il primo tentativo di alzarsi fallì, il secondo ebbe maggiore successo ma ci impiegò almeno due minuti. La testa gli girava e pensava di aver rotto il braccio sinistro e forse una o due costole. Quando fu in piedi volse lo sguardo all’orizzonte e vide il mare. La speranza gli riempì il cuore, li a pochi chilometri di distanza c’era la libertà. La notte era nuvolosa ma ogni tanto la luna faceva capolino ed illuminava le colline ed il mare. Faticosamente Mirek cominciò a farsi strada tra la vegetazione, il fianco più del braccio lanciava fitte di dolore al cervello, ma Mirek era troppo impegnato a procedere giù dalla collina. La cosa che ora lo preoccupava era di trovare il suo contatto ad attenderlo. Si fidava di lui ed in più gli aveva pagato tutto quello che gli era rimasto. La discesa lo stava affaticando eccessivamente, ai piedi della collina decise di sedersi e riprendere fiato, si sentiva a distanza di sicurezza dalla prigione. Si strappò un pezzo di camicia e si legò il braccio come meglio potè. La sete lo attanagliava, ma sulla sua strada incrociò solo una pozzanghera di acqua putrida che non si sentì di bere e qualche bottiglietta di plastica vuota. Pensava che gli mancassero più o meno un paio di kilometri. Certo le pendenze variabili non aiutavano molto. In quell’istante un bagliore rosso alle sue spalle illuminò il paesaggio accompagnato da una sirena corta ma potente. L’allarme! Avevano scoperto la sua fuga. Preso dal panico Mirek cominciò a correre in direzione del mare, la vegetazione in quel punto era meno fitta ma il terreno era comunque in leggera discesa. Dopo poche centinaia di metri inciampò in un ramo e rotolò per qualche metro. Il rotolare fu interrotto bruscamente da un masso che gli si conficcò di nuovo contro il fianco dolorante. Questa volta il dolore era lancinante, avrebbe voluto urlare a squarciagola ma non riusciva a respirare. Il fianco ed il petto bruciavano intensamente. Mirek provava una forte disperazione. Non ce l’avrebbe mai fatta. Forse si era perforato il polmone. Ogni respiro era un agonia. Si distese di nuovo sulla schiena e guardò il cielo. Da un momento all’altro sarebbero arrivati.
Avrebbe voluto ridere ma era troppo doloroso. Non era certo di quanto tempo fosse passato, forse trenta minuti. Nessuno arrivò. L’aria si faceva sempre più frizzante. Mirek decise che avrebbe provato ad alzarsi, magari li avrebbe incontrati strada facendo “salve sono uscito a fare una passeggiata mi riaccompagnate voi?”. Alzandosi un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca. Molto lentamente riprese a camminare. Gli girava la testa e gli faceva male qualsiasi cosa. La strada riprese a salire leggermente tanto da non rendere più visibile il mare. Ancora nessuno era arrivato. Dopo molto tempo la strada smise di salire e divenne perfettamente piana. Il sudore sulla fronte gli colava sugli occhi e gli impediva di capire che cosa avesse davanti. Un enorme cantiere abbandonato si stendeva davanti a lui, l’erba lasciò subito il posto all’asfalto, in alcuni punti, e alla terra battuta e tutto intorno a lui enormi cumuli di scarti, assi, travi di legno popolavano il paesaggio. Poco più in la una serie di ponti mai completati si intersecava, lo sovrastavano severi e silenziosi. L’odore dell’aria gelida era diventato acre, ora la luna piena illuminava di blu ogni cosa. Mirek era sempre meno lucido e ormai quasi non capiva più dove fosse e cosa stesse facendo, per inerzia proseguiva per il suo cammino. Piano piano i resti del cantiere aumentavano sempre di più mischiandosi a rifiuti di ogni tipo: vecchi mobili e divani, sacchi di spazzatura, televisori ed elettrodomestici di ogni tipo, cassoni, scatole piene di cianfrusaglie, persino vecchie auto e moto abbandonate. La distesa di rifiuti sembrava infinita, Mirek ormai aveva esaurito ogni forza, il sangue che continuava a perdere dalla bocca diventava copioso, farsi strada in quel mare di rifiuti inoltre era difficilissimo. Dopo pochi metri cadde di nuovo. All’improvviso una forte luce puntata su di lui lo tirò fuori dallo stato di incoscienza in cui era caduto. La luce era rosa e molto intesa, Mirek sentì un ‘intensa sensazione di calore lungo tutto il corpo, aprì bene gli occhi e rimase stupito dal fatto che riusciva a guardare il centro della luce senza alcuno sforzo o fastidio. Piegando leggermente la testa Mirek vide che la luce lo illuminava tutto ed illuminava tutti i rifiuti intorno  lui e tutto risplendeva e sembrava così bello e utile ed importante. Tutto il dolore, la paura , la rabbia e la tensione degli ultimi giorni erano svaniti completamente, rimaneva solo un ricordo vago, come di un sogno senza importanza che si fa fatica a ricordare. Al centro della luce sfere ruotavano in senso orario e poi antiorario, si sovrapponevano e si rincorrevano in un gioioso balletto che riempì Mirek di stupore e meraviglia e sotto l’effetto ipnotico di quella danza piano, piano Mirek chiuse finalmente gli occhi sentendosi sereno, libero ed in pace, pronto a lasciarsi andare.
Il drone dopo aver analizzato ed identificato il corpo, spense il suo scanner che emetteva una intensa luce blu, inviò il rapporto e fece rientro alla base.


fine

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