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Visualizzazione dei post da marzo, 2019

quando esplode un pomodoro

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-Come stai? -Non so, non riesco a capirlo -Ma come non riesci a capirlo? Hai qualche problema? -No, non penso... -È successo qualcosa? -Non mi sembra -E allora cos’hai? -Nulla, è solo che a volte penso, e forse… sai, forse penso troppo -E allora non pensare -Ma come faccio? Non riesco mica a fermarlo, è una cosa che va da sola -E allora dimmi, a cosa stai pensando? -Penso che tutti abbiamo paura di qualcosa, non ci sono donne o uomini senza paura. -Dici? -Sì, dico! Tu non credi? -Non so, molti, almeno all’apparenza, sembrano non aver paura di nulla -Secondo me loro o sono incoscienti o mentono -E perché dovrebbero mentire? -Semplice, perché avere paura fa paura. Tu non hai paura di nulla? -Di cosa dovrei aver paura? Che mi succeda qualcosa di brutto? Che mi entrino i ladri in casa? -No, non di queste stupidaggini... Non hai paura di... di sentire? -Sentire? E cosa dovrei sentire? -Ah bo, paura di amare o di essere amato, paura di essere r

la fuga di mirek parte 1

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The river flows outside of town, away from dirt, away from crowds, and if I could follow it to the sea I'd wash the sweat right off of me. So break my legs and weigh me down, throw me in, but I won't drown, I'll float away, go down the stream. The river flows outside the city. Carthago est delenda, Million Dead Mirek Schleck scavalcò il dannato muro che lo separava dal mondo; sarebbe evaso oppure sarebbe morto nel tentativo. Ormai a quasi settant’anni non poteva certo riprovarci, il suo fisico non gliel’avrebbe permesso e soprattutto la polizia pensionaria non gliel’avrebbe permesso. Ormai il suo tempo era quasi scaduto. Era stato trasferito al Centro Ultimo Saluto, situato in una piccola località della costa adriatica italiana, una settimana prima e ormai mancavano solo due giorni al suo compleanno. Due giorni dopo gli avrebbero somministrato la dose letale che avrebbe posto fine alla sua vita. Questa era la prassi ormai da circa sette a

caro babbo natale finale

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precedentemente in caro babbo natale Quando riaprii gli occhi la volta successiva ero in un letto di ospedale, la stanza era addobbata a tema natalizio, sulle pareti c’erano disegnati Topolino, Pluto e altri personaggi Disney, sui vetri della finestra c’erano dei fiocchi di neve, quelli fatti con lo spray. Accanto a me c’era una signora, aveva l’aria un po’ preoccupata, era seduta alla destra del mio letto. Aspettava che mi svegliassi. Quando vide che ero sveglio mi chiese come stavo, io non le risposi. Mia madre mi aveva sempre detto di non parlare con gli sconosciuti. La signora però insisteva. Rimase al mio fianco anche per il pranzo, per il mio pranzo di Natale in un letto di un ospedale pediatrico. A pranzo non mangiai molto, provò a corrompermi con della cioccolata. Aveva uno sguardo che mi faceva quasi pena, alla fine le proposi un accordo. Io avrei mangiato se lei mi avesse detto dove era mia madre. Quel giorno di Natale fu l’ultimo giorno che vidi mia madre, ch

oltretomba finale

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precedentemente in oltretomba Arrivati alla roulotte di Jill, i due la salutarono. Jill stava ancora pensando a tutti gli interventi della regia nel corso delle riprese. Dopo aver salito il primo gradino si voltò verso i due che si allontanavano. <Karl, anche la vecchia invalida l’avevate mandata voi vero?> <Vecchia invalida? Non mi sembra, ma magari non ero di turno, sai per seguirvi tutti e tre ventiquattro ore facciamo a turni, quindi non so.> <Grazie Karl.> <Riposati Jill, sei una grande!> La prima cosa che fece era guardarsi allo specchio. Come diavolo si era conciata. I capelli unti, gli occhi infossati, la faccia sporca, la pelle rovinata. Quanto tempo era passato? Doveva chiedere a qualcuno. A lei era sembrata una vita intera. Nell’armadio che conteneva i suoi vestiti trovò anche il cellulare. Lo accese e fioccarono i messaggi. Dalle date dei messaggi capì che erano passate solo un paio di settimane. Mentre teneva in mano il telefono notò le

caro babbo natale parte 2

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precedentemente in caro babbo natale Aveva già imprecato diverse volte. Aveva maledetto alcuni dei personaggi cari ai cristiani. Non so se Gesù avrebbe voluto averla a casa sua dopo quel che mia madre aveva detto. Avrei voluto che Gesù le avesse detto che era contento del pensiero, ma che avrebbe preferito che lei, mia madre, fosse tra gli assenti al suo compleanno. Non lo ha fatto. Gesù non ha detto né a me, né a mia madre di non andare da lui. Di corsa, era già tardi, siamo saliti in macchina. Era freddo. In quei giorni c’era la neve ed era sempre freddo, quando uscivamo mia madre apriva il cancello, io aspettavo che tornasse alla macchina per salire insieme a lei, e nel frattempo che mia madre apriva il cancello io facevo finta di fumare. Ovviamente non fumavo davvero, era il freddo che faceva uscire una nuvoletta di vapore dalla mia bocca. Io mi sentivo grande in quei momenti. Ma quel giorno era tardi per giocare, e dovevo essere grande davvero, non potevo giocar

oltretomba parte 4

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precedentemente in oltretomba  Gli assistenti e il signor Morget si fiondarono su Marcos, disteso per terra. <Ok fate un po’ di spazio, questa fase è delicata> il signor Morget, piantò una siringa nel braccio di Arda Bogut e lo schiaffeggiò con delicatezza. <Tenetelo sollevato, Arda mi senti, Arda? Sono il Dott. Morget. Dai Arda sveglia bello, è finita.> <Incredibile - esultava Morget - hai visto Jaques! La forza della suggestione! Non è stato nemmeno colpito ed è venuto giù secco! Te lo avevo detto che avrebbe funzionato comunque anche con la pistola! Fantastico!> Eva era lì per terra a fissare la gente che affollava il parco senza capire che diavolo stesse succedendo, era diventata pazza ne era sicura. Era rannicchiata contro un albero. Allungò la mano verso la pistola, tremante se la puntò alla tempia. In quel momento venne bloccata dall’aiuto regista. <Buona Jill, va bene che è a salve ma non è il caso, Signor Morget, venga a svegliare Jill per favor

caro babbo natale parte 1

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Era il 25 dicembre, il giorno di Natale. Quel giorno mia madre voleva andare in chiesa a tutti i costi, non ho mai capito il perché. Le altre domeniche non andava mai. Andava solo a Natale, Pasqua, matrimoni e funerali. Non l’ho mai vista pregare. A volte la sentivo dire “se Dio vuole”, ma nulla di più. Ricordo che, quando ero piccolo, comprava sempre i lumini per il mese dei morti. Novembre. A me i lumini piacevano, erano di quelli con la fiammella in plastica, fondamentalmente erano delle lampadine a pile a forma di lumino che pagavi il doppio di quel che valevano. Comunque, quel giorno era il giorno di Natale. Mia madre mi aveva fatto indossare i vestiti buoni. Una camicia bianca, di quelle con i bottoni agli angoli del colletto. Una cravatta blu, di quelle da bambino, con il nodo finto, ma con la zip. Un gilet di lana, anche quello blu, ma con dei rombi sul bordeaux. I pantaloni erano color cachi. Le scarpe erano classiche e nere. I calzini erano con le renne d

oltretomba parte 3

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precedentemente in oltretomba Nel taxi Eva le fa vedere la lettera di Marcos e le racconta la storia dei genitori in difficoltà. Margot prende la lettera e promette di aiutarla. Quella sera per festeggiare Marcos e Eva fanno sesso, si drogano e fantasticano su cosa potranno fare con quei soldi. Dopo tre giorni, Margot convoca Eva. La sua voce è cupa e inflessibile al telefono, Eva ha il presentimento che le cose andranno male. Vomita il pranzo nel cesso, si cala una pastiglia e esce di casa. Per strada si ripete che le cose andranno bene senza riuscire a crederci. Margot sta fumando ed è furiosa, sta sbandierando dei documenti, dice che ha assoldato un investigatore privato che ha indagato su Marcos. Salta fuori che Marcos non si chiama Marcos ma si chiama Jerome o qualcosa di simile e che ha qualche precedente per truffa, rapina e a quanto pare è pure ricercato per altro. Per stupro. Sa che quella lettera della banca è finta ed è decisa ad andare dalla polizia a denunciarlo

soffice come il velluto finale

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precedentemente in soffice come il velluto Non appena fui vicino al calorifero sentii una folata di vento. Evidentemente da quel lato c’era un’altra calamita gigante che aveva richiamato a sé il blu, la nebbia, il freddo, le parole non chiare e gli strani personaggi. Feci per voltarmi nella loro direzione. Mi ammonirono di non farlo. Questa volta lì capii. Capii cosa mi dissero. In quello stesso momento, nell’ovattato nero che saturava la stanza vidi un tavolo, era proprio accanto a me. Era alla mia sinistra. Era di legno. Le figure mi dissero di non distrarmi, dovevo dedicarmi al termosifone. In particolare dovevo rivolgere la mia attenzione alla manopola in alto a destra. Dovevo osservarla da vicino. Dovevo avvicinarmi. Ancora, non era sufficiente. No, non ero abbastanza vicina. Non ricordo con quali parole, ma ricordo che quelle sagome dietro di me insistevano, e senza toccarmi mi spingevano verso il termosifone, verso la manopola in alto a destra. Non sentivo né l