Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta soffice come il velluto

soffice come il velluto finale

Immagine
precedentemente in soffice come il velluto Non appena fui vicino al calorifero sentii una folata di vento. Evidentemente da quel lato c’era un’altra calamita gigante che aveva richiamato a sé il blu, la nebbia, il freddo, le parole non chiare e gli strani personaggi. Feci per voltarmi nella loro direzione. Mi ammonirono di non farlo. Questa volta lì capii. Capii cosa mi dissero. In quello stesso momento, nell’ovattato nero che saturava la stanza vidi un tavolo, era proprio accanto a me. Era alla mia sinistra. Era di legno. Le figure mi dissero di non distrarmi, dovevo dedicarmi al termosifone. In particolare dovevo rivolgere la mia attenzione alla manopola in alto a destra. Dovevo osservarla da vicino. Dovevo avvicinarmi. Ancora, non era sufficiente. No, non ero abbastanza vicina. Non ricordo con quali parole, ma ricordo che quelle sagome dietro di me insistevano, e senza toccarmi mi spingevano verso il termosifone, verso la manopola in alto a destra. Non sentivo né l

soffice come il velluto parte 2

Immagine
precedentemente in soffice come il velluto  Non ricordo come sapevo tutto ciò, ero anche a conoscenza che se io non fossi stata lì, loro si sarebbero sentiti a loro agio a esibire il loro vero volto. Un volto non di pelle, ma d’ossa. Non ricordo come sapevo tutto ciò. Rimasi per un lasso incerto di tempo in uno stato tra curiosità e terrore, l’unica costante era il blu, la nebbia, il freddo, le parole non chiare e il tutto così realmente intangibile. Qualcosa attrasse la mia attenzione risvegliandomi da quello stato di trance, mi voltai verso le sagome alla mia destra, fu allora che capii che quelle figure oscure avevano le idee molto più chiare di me. A loro il blu, la nebbia e il freddo non offuscavano il cervello. Riuscii, inspiegabilmente, o senza un’apparente ragione, a comprendere ciò che volevano, volevano che aprissi la porta alla mia sinistra. Una porta che fino ad un secondo prima non era lì. Una porta che iniziò ad esistere solo nell'instante in cui ne presi

soffice come il velluto parte 1

Immagine
Mi ricordo, ero lì in cima alle scale, era il primo gradino dell’ultima rampa. Saranno state una quindicina di scale, sarà perché ero piccola, sarà perché era tutto blu, sarà perché avevo paura, a me sembravano ripidissime e smisuratamente interminabili, come se portassero oltre il pavimento, oltre la terra. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Ricordo il suo fiato caldo vicino al mio orecchio, sul mio collo, sulla mia spalla. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Ricordo, senza toccarmi mi spingeva. Non sentivo né la sua mano, né il suo calore vitale. Sentivo solo un’opprimente, soffocante, asfissiante voce che tentava di persuadermi ad alzare il piede destro dal primo gradino per posarlo su quello successivo, così, da alzare poi il piede sinistro e portarlo sullo stesso scalino dove ora si trovava il destro. Così da andare avanti, o meglio, verso il basso. Non ricordo chi fosse, io ero di spalle. Non mi voltai. Avevo uno strano sentore, l’odore della paura mi era en