come l'oceano parte 2



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Gocce di sudore gli scendevano lungo la schiena. Doveva calmarsi, non poteva uscire in quello stato, le mani gli tremavano, la testa gli girava, le gambe stavano perdendo la loro forza, come se all’improvviso i muscoli si fossero atrofizati.
Cercò di riprendere il controllo di sé.
Infilò una mano nella tasca, trovò le chiavi, infilò l’altra mano nella tasca, questa volta trovò quel che cercava, il pacchetto di sigarette, lo aprì, estrasse l’accendino e la sigaretta.
Era l’ultima. Quella del desiderio.
Era uno stupido gioco che continuava a fare, anche se non credeva a queste cose, ma ormai il fatto di girare la prima sigaretta del pacchetto e fumarla per ultima era un’abitudine, un gioco, un divertimento che si era trasformato in abitudine, perdendo la suggestione iniziale, era solo un gesto automatico.
Non esprimeva neanche più il desiderio.
Nonostante ciò, ogni volta che accendeva la sigaretta del desiderio una strana smorfia - forse un sorriso - gli si stampava sul volto. L’illusione che del catrame, monossido di carbonio e nicotina potessero realizzare un suo desiderio lo divertiva.
Accese la sigaretta ed ispirò.
Dopo aver espirato via la prima boccata di fumo, si guardò un’altra volta indietro e uscì di casa.

Sull’autobus riuscì stranamente a sedersi, quel giorno c’era poca gente in giro, o forse era anche per l’orario. Appena si era seduto aveva messo su le cuffie, ma senza accendere la musica. A volte lo faceva, solo per isolarsi, per non sentire gli altri parlare, per evitare che gli altri gli parlassero, per chiudersi nel suo mondo, nel suo guscio, per proteggersi.

Durante il viaggio in autobus una sensazione, una profonda incomprensione, prese prepotentemente posto accanto a Kiyoshi. In quel momento Kiyoshi sentì l’esigenza di essere capito e nello stesso tempo voleva afferrare cosa passava nella testa delle persone su quell’autobus, nella mente dell’autista, dei passati che scorgeva dal finestrino. Desiderava che arrivasse, con uno schiocco di dita domani, così da non dover affrontare il quella giornata, non dover attendere il momento in cui il dolore avrebbe inevitabilmente raggiunto il culmine, non sapeva quando, ma sapeva che sarebbe arrivato, che avrebbe sofferto anche quell’anno.
Ecco questo era proprio uno di quei giorni che non avrebbe voluto.
Era il 12 settembre 2015.

Famiglia Okada

Era il 12 settembre 1973 la famiglia era andata, come ogni sabato mattina, a fare la spesa, con due bambini piccoli avevano fatto un po’ di scorta. I due genitori avevano dovuto fare un po’ di viaggi, avanti e indietro, tra casa e macchina per portare il tutto in casa.
Proprio mentre il padre, Amane, stava uscendo di casa per l’ennesima volta, un postino si era avvicinato alla loro abitazione cercando proprio il signor Amane Okada, per una firma prima di lasciargli un pacco.
Nel sentire suo marito parlare con qualcuno anche Hiroko si affacciò fuori per vedere chi fosse. Vide delle bottiglie di latte lasciate lì accanto al portone d’ingresso, anche se era convinta di averle già portate in casa prese anche quelle e le mise direttamente nel frigorifero.
La tragedia si consumò poco prima delle ventidue.
I due bambini erano abituati a bere un bicchiere di latte freddo prima di prepararsi per dormire, quella sera Sakuro arrivò prima di suo fratello, fu lei a versare il latte nel bicchiere, aveva quattro anni, non ci fece caso che quel latte era più denso del solito, per lei era sufficiente che avesse lo stesso colore. Quando Kiyoshi entrò in cucina vide la sorellina che aveva fatto cadere il bicchiere con il latte a terra e iniziò subito a canzonarla perché sapeva che la mamma l’avrebbe rimproverata, ma non appena fu più vicino sentì uno strano odore entrargli nelle narici e vide che Sakuro faceva fatica a respirare, aveva gli occhi rossi e le labbra stavano cambiando colore.
Un urlo - Mammaaaaaaa!!!! - di quelli che trafiggono il cuore, fece fiondare la famiglia Okada in macchina con il piede costantemente sull’acceleratore.
La corsa in ospedale fu inutile.

Il 12 settembre 1973 non morì solo la piccola Sakuro, ma morì anche un pezzo di Kiyoshi, Hiroko, Amane e del loro amore reciproco.
Fu richiesta l’autopsia, dai risultati venne fuori che la causa della morte era avvelenamento da insetticida. La polizia ricostruì i fatti e venne fuori che quel giorno il padre, mentre attendeva che la famiglia fosse pronta per andare a fare la spesa aveva deciso di passare l’insetticida sulle piante di ciliegi accanto all’ingresso di casa, quando poi erano usciti Hiroko e i bambini aveva posato le bottiglie accanto al portone, senza preoccuparsi troppo del fatto che aveva travasato l’insetticida in vecchie bottiglie di plastica di latte. Successivamente, era stata Hiroko a portarle in casa, pensando fossero le nuove bottiglie, quelle appena comprate.
La famiglia Okada non si riprese mai dalla morte della piccola Sakuro. Il vuoto lasciato da Sakuro fu colmato dalla rabbia.


come l'oceano continua...

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