carne, ossa e il caro vecchio Newton finale

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Mise la freccia e lentamente imboccò il viale. Ecco vai li con la macchina che ci danno le chiavi. Sul fianco dell’edificio c’era un finestra illuminata, Nando gli si accostò con la macchina.
Buona sera. Il receptionist non più giovane si alzò dalla sedia scricchiolante.
Idromassaggio o palo?
Come scusi?
Vuole una camera con idromassaggio o una con il palo?
Non saprei… Nando guardò Sonia smarrito.
Sono 60 euro. Disse il portiere quando l’indecisione di Nando si fece insostenibile.
Ecco camera 104, la migliore che abbiamo, deve proseguire dritto, è l’ultima sulla destra. Nando tirò fuori il portafogli dalla tasca ed estrasse due banconote da cinquanta. Ecco a lei. Grazie ecco il resto e buona serata.
Prese le chiavi Nando rimise in moto. La ragazza si era fatta stranamente silenziosa.
Allora in fondo a destra, a destra, adestraadestra cazzo come sto sudando! il cuore mi batte all’impazzata, ecco deve essere questa…
Ecco ci siamo amore. Disse Sonia.
Nando parcheggiò l’auto nel posto davanti alla porta della camera 104. Danno sempre questi strani numeri alle camere, 104! Mica ci sono centoquattro camere qui! Si è buffo non so perché sia così.
Nando e Sonia scesero dall’auto. Nando, aperta la porta, cercò l’interruttore. La luce dove… ecco, ci siamo.
In mezzo alla camera c’era un letto matrimoniale con della misera biancheria e più in fondo verso l’angolo c’era una piccola vasca idromassaggio.
Eccoci. Il sudore ormai impregnava la fronte di Nando. Vado un attimo in bagno tesoro tu spogliati intanto. Sonia si diresse verso il bagno, lasciando una scia di profumo scadente alle sue spalle, e si chiuse la porta alle spalle.
Bene eccoci qua… Mi tolgo le scarpe e le calze, mai farlo con le calze mai, l’importante è farcela. Dai cazzo pensa che ti divertirai non lo fai mai! Pensa alle sue pere favolose.
Dopo scarpe e calze, si sfilò i pantaloni color kaki, si tolse la camicia, piegò meticolosamente tutto e lo ripose su una sedia accanto al letto. Con su solo le mutande si sedette sul bordo del letto e attese. Si potrebbe anche fare un bagno fa così caldo qua.
La porta del bagno si aprì. Eccomi allora sei pronto?
Nando annuì incerto. Sonia accese la tv. Mettiamo un po’ di musica, ecco questo canale va bene. Alzo il volume. Laura Pausini. Io canto. Sonia si voltò e si avvicinò. Nando era sempre più sudato. Eccoci.
Il primo pugno colpì Nando sulla bocca e si sentì un dente fare crac. La punta della scarpa destra di Sonia si stampò sullo stinco della sua gamba sinistra. Stronzo puttaniere! Figlio di puttana. Io canto. Altro calcio, questo tra le gambe. Voglio cantare! Sempre cantare! Nando crollò a terra sotto la pioggia di colpi. Un calcio alla gola abortì l’urlo di dolore di Nando. Ora non riusciva più a respirare. Cantare! Altri calci si piazzano un po’ su tutto il corpo ormai rannicchiato ai piedi del letto. Aria. Aria. Forse un costola si ruppe. Pubblicità. Ci mise qualche secondo ad accorgersi che i calci erano finiti. Aria. Aprì un occhio. Sonia stava rivoltando i suoi pantaloni e tirando fuori il portafogli.
Poi si riavvicinò a lui. Temendo di essere colpito ancora si finse svenuto. Lei gli prese il braccio e gli sfilò l’orologio.
Rapidamente si rialzò e corse verso la porta che si chiuse alle sue spalle.
Sapore di sangue in bocca, testa che girava. Il resto del corpo non lo sentiva ancora. Rimase disteso a terra. Forse cinque, forse dieci minuti. Si forse la costola è rotta. Tv troppo alta, le chiavi della macchina??? Ci sono, la accanto al televisore! Non le ha prese, almeno la macchina… Devo spegnere la tv, mi scoppia la testa. Ahhh la costola, cazzo!
Si alzò a fatica e spense la tv, prese le chiavi della macchina in mano e si butto sul letto.
Porca puttana e chi se l’immaginava, solo a me capitano ste cose.
Si rialzo lentamente e si diresse verso il bagno. L’immagine riflessa nello specchio lo spaventò. Bocca insanguinata e guancia viola. Un taglio sulla fronte.
Acqua sulla faccia, sciacquare il sangue… Brucia. Stupido. STUPIDO. Perché cazzo non l’ho cacciata via dalla macchina? Io non volevo scopare! Volevo soltanto tornarmene a casa.
Nando tornò in camera e cominciò a rivestirsi. Uscì dalla camera 104 e si chiuse la porta alle spalle, salì in macchina e posò la testa sul volante.
Troia.
Girò le chiavi.
Troia.
Partì e imboccò il vicolo che porta verso la portineria.
La fronte perde ancora sangue.
Il portiere ora parlava con qualcuno al di là della porta interna del suo ufficio e disegnava ampi cerchi con le braccia parlando animatamente. Ma era il portiere di prima? Di spalle sembrava un altro. Non si accorse di Nando che accostava alle sue spalle e lanciava le chiavi della camera sul bancone e ripartiva.

Mi fa male tutto, mi pulsa la fronte, domani non vado al lavoro, non posso andare conciato così. Che gli racconto?
Che mi sono fatto pestare da una prostituta? Non so neanche se ce la farei ad andare anche se volessi.
La sera era splendida: cielo limpido, clima mite. L’auto di Nando sfrecciava nella direzione dalla quale era venuta.
Mi fischia l’orecchio. Cazzo merda sanguino ancora.
Frugò nelle sue tasche in cerca di un fazzoletto.
Niente, fanculo!
Si passò il braccio sulla fronte.
Chissà che ore si sono fatte? Il campo!
In quel momento Nando stava passando di fianco al campo da calcio dove qualche tempo prima aveva visto il gruppetto giocare. Ora il campetto era deserto ma le luci le avevano lasciate accese. Nando accostò la macchina sul ciglio della strada, scese a fatica dall’auto e si diresse verso il cancello che dava accesso al campo. Provò ad aprire ma era chiuso con un lucchetto. Si guardò intorno: il campo era recintato con una rete metallica di due metri. Scorse un po’ più in là un taglio nella rete, probabilmente fatto da qualcuno che aveva avuto la sua stessa idea. Si inginocchiò per passare e nonostante i dolori fisici ce la fece. Si mise a correre in lungo e in largo avanti e indietro e all’improvviso scorse ciò di cui necessitava.
Accanto a una delle due porte, lì un po’ nascosto dall’erba, più alta in prossimità del recinto, un pallone!
Nando corse verso il pallone e lo raccolse. Era mezzo sgonfio, lo rigirò e vide lo squarcio che lo aveva condannato. Ma per Nando andava benissimo. Lo prese e lo sistemò sul dischetto dei rigori. Lo rigirò due o tre volte prima di essere soddisfatto. Bene, ora andava bene. Indietreggiò di cinque passi. Ora tutto era pronto. La porta spalancata dinanzi a lui. Sì, ora un bel respiro. Un due tre via!

fine

Commenti

  1. Ho letto seconda e terza parte una di seguito all' altra : belle entrambe, mi piacciono questi racconti di sfighe urbane(se così posso chimarli)

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  2. grazie mau, il prossimo racconto conclude questo trittico, vediamo se ti convince pure quello.

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