carne, ossa e il caro vecchio Newton parte 2


precedentemente in carne, ossa e il caro vecchio Newton

La serata era piacevole. Tirava una dolce brezza che portava odori evocativi. Nando salì in macchina, parcheggiata al solito posto, accese l’autoradio e aspettò.
Dall’altro lato della strada stava passando una giovane ragazza in minigonna. Bella, chissà dove va, la seguì con l’occhio per un po’ marcando stretto i fianchi che si alzavano e abbassavano. Su e giù su e giù. Quando svoltò l’angolo mise in moto.
Le strade erano molto tranquille, c’era quasi una calma surreale, ora con la luna alta in cielo che proiettava la sua luce pallida su tutto, sembrava che tutto fosse sospeso in una specie di limbo fuori dal tempo.
Staranno tutti cenando ancora, allora dove vado, dove vado, bè per la campagna per cominciare, bella questa canzone.
Percorse qualche chilometro tra le campagne e già non si ricordava come mai avesse voluto andare li. Era buio. I campi ai lati della strada erano delle macchie nere, come delle porte dimensionali che portavano chissà dove o dei giganti buchi neri che avrebbero risucchiato qualsiasi auto o pedone si fosse avvicinato troppo al bordo della strada.
Non sapendo cosa fare decise di tornare a casa, ma avrebbe preso la tangenziale per metterci di meno… Per risparmiare benzina.
Procedendo lentamente verso lo svincolo della tangenziale Nando passò accanto a un campo da calcetto illuminato.
C’erano sette o otto persone che giocavano a calcio e facevano un gran baccano, uno in particolare portava avanti il pallone tentando strampalati dribbling urlando come un’aquila. Improvvisamente vedendo il campetto Nando venne colpito dal ricordo del sogno che fece la notte precedente.
La prima parte era confusa e poco nitida: parlava con della gente che non conosceva ma era molto in collera per qualcosa che non ricordava e questa rabbia lo distraeva dalla conversazione. Poi improvvisamente era in un campo da calcio con altre persone e giocavano tutti allegramente.
Nando giocava in attacco e quando gli passavano la palla lui era sempre smarcatissimo, non lontano dalla porta avversaria, ma quando cercava di calciare le gambe gli diventavano pesantissime e non riusciva a staccarle da terra.
Cercava con tutte le forze di calciare ma riusciva a malapena a sfiorare la palla che gli veniva portata via dagli avversari. E cosi per una, due, tre occasioni solo davanti al portiere (a volte davanti alla porta incustodita) ma al momento del tiro le gambe diventavano di piombo e la sua frustrazione immensa. Il ricordo del sogno gli fece riprovare ancora quella brutta sensazione d’impotenza, mista però a un po’ di sollievo per la consapevolezza che era solo un sogno e che nella realtà, volendo, poteva calciare forte un pallone in porta se ne avesse l’occasione.
Il pensiero di calciare un cannonata in porta che scuotesse forte la rete gli dava piacere. Ma tutto quel divagare distrasse Nando che superò l’entrata della tangenziale e quindi dovette, imprecando, prendere la statale che passava per le campagne.
La statale aveva una corsia per senso di marcia e ogni tanto tagliava per piccoli centri abitati che a quell’ora abitati non lo sembravano. Sul confine di uno di questi paesini ad un semaforo pedonale, Nando si fermò per il rosso e in quel momento gli si accostò una volante della polizia con le luci accese ma con la sirena spenta.
Nando, che altrimenti si sarebbe fatto i fatti suoi, guardò nell’abitacolo della volante attratto da una voce maschile che strimpellava un motivetto. E lascia stare il cane che ti mozzica e ti pizzica e ti mozzica… e lascia stare il cane che ti pizzica e ti mozzica...
il cantante al volante era un uomo sulla quarantina con la barba  e i capelli incolti. Aveva su una canottiera un tempo bianca, attorno al collo una grossa catena d’oro. Nando guardava incredulo lo strano personaggio alla guida della volante e non riusciva proprio ad immaginare cosa ci facesse quello lì, che non sembrava proprio un poliziotto, alla guida di una macchina della polizia. Ma nello stesso istante un’idea gli balenò in mente e il sangue gli gelò nelle vene.
Lo strano individuo si sentì osservato e si volto a guardare Nando a sua volta. Gli rivolse un sguardo stralunato con un ghigno accennato.
Nando impallidì. Ecco il verde! Lentamente Nando ripartì, anche se avrebbe voluto sgommare via, seguendo la volante nello specchietto retrovisore la volante che lo seguiva a poca distanza.
Accelera… Piano, piano… Così 40... 45... 50 si, 50 va bene. Sudava freddo, la volante sempre li dietro a lui.
Il cellulare devo tirarlo fuori cazzo! Sta merda di cintura non riesco a tirarlo fuori. Il cellulare sfilò fuori dalla tasca e cadde sotto i pedali. Merda! E ora che faccio...
La volante era sempre li a seguirlo. Ma che cazzo vuole questo?! Cazzo, avrà fatto fuori gli sbirri o rubato la volante...
Gocce di sudore gli colavano giù per la fronte. Stai calmo, calmo... Ha messo la freccia! In quel momento la volante svoltò in una stradina laterale.
Fiuuu...
Nando accostò lentamente sul ciglio della strada e mise le quattro frecce. Le mani sudate. Se le passò sulle gambe per asciugarle. Roba da pazzi... Nando si chinò a cercare il cellulare tra i pedali.
In quell’istante la portiera del passeggero si apri e qualcuno salì in macchina. Ciao amore, disse. Nando, che era ancora chino a cercare il cellulare scattò e sbatte la testa sul volante, terrorizzato guardò l’intruso. Una ragazza, abbronzata e molto svestita. Anche piuttosto robusta.
Cosa? Biascicò Nando ancora confuso e agitato.
Parti caro c’è un motel qua vicino andiamo lì.
Una prostituta. Non l’aveva capito subito. Nando si guardò intorno, nessuna traccia della volante. Bene. Come ti chiami amore?
Nando.
Io sono Sonia, solo sesso normale caro niente cose strane va bene? Accento straniero. Non sapeva se aveva voglia di fare sesso. Era un po’ che non ci pensava più. Un bel po’.
Ma questa poi da dove è sbucata, cazzo è salita su così. Non è male però, belle tette. Che faccio? Che faccio?
Cosa?... Ti faccio 50 caro solo perché sei tu. Dai svolta è qui vicino. Nando mise la freccia e fece inversione. Ripercorsero la strada che aveva appena fatto. Nando era ancora frastornato dalla situazione e non si rendeva ancora conto di cosa stesse succedendo.
Sei sposato amore? N-no. Tu?
Haha no io no. Ma ho il fidanzato.
E lui insomma, lo sa?
Si certo che sa, ma è un'altra cosa questo è lavoro!
Disse Sonia con un perenne sorriso stampato sulla faccia.
Intanto Nando lanciava occhiate fortuite alla ragazza. Non male, cazzo quanto tempo, mi sudano le mani. Quando ho avuto l’ultima erezione?
Sonia attaccò a parlare di qualcosa.
Si quella volta che la macchina era dal meccanico e presi l’autobus. Quella ragazza con i pantaloni a vita bassissima si era chinata a raccogliere qualcosa e le sue chiappe tatuate erano schizzate fuori, quasi totalmente cazzo! Che imbarazzo pensavo che tutti mi guardavano il pacco!
Quanto tempo fa è stato? Non so neanche se mi funziona ancora. Questo non è buono andiamo all’altro più avanti, questo ha i letti sporchi e costa pure ta... Di che sta parlando? A si del motel...
Ma scusa perché non andiamo a casa mia?
No amore mi dispiace io non vado in casa di nessuno, qua vicino c’è un bel motel pulito e molto discreto non ti preoccupare. La prossima rotonda vai a destra.
Passando davanti al campo da calcetto di poco prima Nando lanciò un occhiata e vide le stesse persone di prima che adesso, finita la partita, erano fermi a parlare e scherzare. Sempre più teso. Ce la farò? In lontananza si avvicinava l’insegna luminosa “Motel Rexx”.
Ecco è quello lì.

carne, ossa e il caro vecchio Newton continua...

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