mondo 3 parte 2

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Erano vestiti tutte e tre di bianco, con camicie e pantaloni di lino estivo e ai piedi portavano tutti le infradito. Sembravano tre Lele Mora. Uno in particolare a prima vista sembrava proprio Lele Mora, ma non lo era. Era un po’ più minuto e magro. Un altro invece era alto e muscoloso mentre il terzo aveva un bel pancione importante ed era del tutto pelato. Tutti e tre erano comunque pesantemente abbronzati. I tre si guardarono un attimo intorno e poi si diressero verso l’ingresso interno che dallo spiazzo dava alla hall del motel.
“Buonasera, Minerva”. Esordì il palestrato appena si avvicinò a Minerva.
“Buonasera, signore, è già stato qui da noi?” Rispose Minerva cercando di nascondere la sorpresa nel sentirsi chiamare per nome da quello sconosciuto.
“Certo che sono già stato qui, vede noi siamo i soci del signor Marrone.”
Il Signor Marrone era il capo di Minerva, nonché direttore del motel. Aveva sempre parlato di questi fantomatici “soci”, che nessuno dello staff aveva mai visto o sentito al punto che tutti pensavano fossero una mera invenzione del direttore per scaricare su di loro tutte le scelte più difficili che doveva prendere e che non aveva le palle di intestarsi.
“Vedi non ti posso rinnovare il contratto, i soci non me lo permettono.”
“Non posso darti l’aumento i miei soci mi ammazzano!”
“Questo mese gli stipendi ritardano, i soci sono arrabbiati visto che non abbiamo fatturato abbastanza, dovete impegnarvi di più!”
Queste erano alcune delle molte situazioni in cui venivano tirati in ballo, sulle loro spalle venivano scaricate tutte le porcherie di Marrone. Ora che Minerva scopriva che esistevano per davvero si domandava se sapessero davvero tutto quello che succedeva lì.
“Molto piacere, finalmente ci conosciamo” disse Minerva cercando di superare la sorpresa e di mostrarsi cordiale e gioviale.
“Vede, siamo qui perché dobbiamo recuperare una cosa molto importante dall’ufficio di Marrone, una cosa che non può attendere. Spero che la nostra visita non la infastidisca?”
“Ma come! Ma si figuri è una gradita sorpresa. Posso offrirvi qualcosa da bere? Un caffè, del tè?” chiese Minerva.
“Accettiamo molto volentieri del tè, grazie” disse il palestrato.
Nel frattempo gli altri due si erano già accomodati sul divano situato sull’altro lato della hall, davanti al piccolo baretto della reception.
Minerva uscì da dietro il bancone e si avviò verso il bar per preparare il tè. Quello che assomigliava a Lele Mora era seduto in una posa languida e ogni tanto tirava un gran sospiro malinconico. Il panzone pelato invece era in piedi di fronte ad una tela, appesa affianco al divanetto, che riproduceva la scuola di Atene di Raffaello.
L’abbronzato, a passo lento, si avvicinò verso i compagni e a voce bassa cominciarono a confabulare senza guardarsi in faccia. Sembrava che ognuno di loro stesse in realtà parlando da solo.
Minerva che era intento a riempire il bollitore e preparare le tazze cercava di origliare il più possibile ma tutto quello che riusciva a sentire erano tre voci bisbiglianti che si parlavano una sopra all’altra.
Quando l’acqua cominciò a bollire, riempì le tazze e le portò su un vassoio. Prima che potesse posare il servizio sul tavolino davanti al divanetto il Lele sosia disse rivolto al palestrato: “Le mani, si è lavato le mani?”
Minerva restò di stucco non sapendo cosa dire. Le mani ovviamente non se le era lavate prima di preparare il tè. Il palestrato chiese:  “Come?”
“Le mani… si è lavato le mani prima di preparare il tè?”
 Il palestrato comprendendo l’imbarazzo di Minerva disse: “Ma certo caro Porthos, è ovvio che si è lavato le mani!” Il palestrato strizzò l’occhio a Minerva. Porthos sembrò tranquillizzarsi e si rilassò di nuovo sul divanetto e tornò a guardare fuori dalla vetrata che dava sul parcheggio interno del motel.
Anche Minerva si rilassò e posò finalmente il servizio sul tavolino. I tre si versarono lo zucchero in silenzio. Colpì molto Minerva il panzone, che mise ben sette cucchiaini di zucchero nella sua tazza. Mentre mescolava il suo tè, il palestrato chiese a Minerva ”Allora mi dica Minerva come vanno le cose qui?”
“Diciamo come al solito.”
“Immagino, e lei come si trova?”
“Che le devo dire? Diciamo bene. Sa, non è il lavoro più bello del mondo, ma è un lavoro e tanto mi basta”
“Quanti anni ha?”
“54”
“Ha sempre lavorato in ambito alberghiero?”
“No, no io ho fatto molti lavori nella mia vita. Il rappresentante, l’operaio, il commesso. Ho pure lavorato all’estero.”
“Davvero? Dove?”
“In sud America, ho lavorato per una ditta italiana in Perù”
Il panzone seguiva la conversazione con lo sguardo fisso su Minerva e senza far trasparire alcuna emozione o interesse, sembrava di marmo. Porthos invece sembrava non interessarsene del tutto, continuava a guardare fuori e sospirare. Il suo atteggiamento metteva a disagio ed innervosiva Minerva ma cercava di non darlo a vedere.
“Perché è nervoso?” chiese a bruciapelo il palestrato.
Minerva trasalì e non sapendo cosa dire borbottò qualcosa cercando infine di sorridere.
“Se ha qualche problema a me può dirlo, magari possiamo risolverlo insieme.”
Sapeva. Pensò Minerva, quel bastardo del direttore aveva addirittura scomodato i soci per una sciocchezza simile? Erano lì apposta per lui.
Tanto cosa potevano fargli? Niente. Potevano trattenerglieli dallo stipendio e licenziarlo. Niente di così grave. Cercò comunque di essere prudente.
“Io? No assolutamente nessun problema.”
“Perché ha preso quei soldi Minerva, me lo dica, io posso aiutarla.” Tagliò dritto il palestrato.
“Ecco vede, io ho avuto un grave problema di famiglia e non sapevo a chi chiedere i soldi.” Mentì Minerva.
“Hahaha”
“Non mi sembra carino ridere dei problemi, di qualcosa di grave che è successo a una persona...”
“Grave, dice? Non c’è nulla di grave! Si può mai definire grave qualcosa che capita in un sogno? Si può mai definire importante, irrimediabile o moralmente riprovevole qualche azione intrapresa in una fantasia, mio caro Minerva? Direi proprio di no.
Ricordi bene: la verità vi farà liberi, tutto ciò che ha una fine non è reale.”
“Caro Athos, il tempo stringe.” Finalmente parlò il panzone per la prima volta.



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