mondo 3 finale



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Passarono circa dieci minuti che Minerva passò in catatonico silenzio, al rientro aveva trovato le chiavi della 104 sul bancone. Gli occupanti dovevano essere andati via durante la sua assenza. Chissà se avevano svuotato il frigobar senza pagare. Era l’unica cosa a cui riusciva a pensare. Sperava che i tre se ne andassero senza ripassare da lì. Perché vollero mostrargli quello spettacolo agghiacciante?
Era tutto una messinscena forse? Ma perché? Cosa potevano mai ricavarci?
A quel punto Minerva si domandava se fossero davvero i soci del capo o solo degli psicopatici che si prendevano gioco di lui.
In quel momento Athos si ripresentò nella hall, gli altri due non erano con lui. Era di nuovo impeccabile come prima. Athos guardava Minerva con uno sguardo pieno di compatimento. “L’ho forse sconvolta? Mi dispiace, sappia soltanto che stanotte lei ha squarciato il velo di Maya”
Si appoggiò con le mani al bancone e proseguì: “prima di andarmene però voglio aiutarla Minerva, le darò accesso alla camera dove ci sono le registrazioni delle telecamere di sicurezza, così potrà cancellare il filmato che la riguarda e Marrone non saprà come ricattarla.”
“davvero?” chiese Minerva un po’ incredulo.
“si davvero, venga con me.”
La stanza di fronte all’ufficio del direttore era sempre chiusa a chiave. Solo Marrone aveva accesso alle registrazioni delle telecamere. Arrivati davanti alla porta, Athos tirò fuori dalla tasca un mazzetto di chiavi. Aprì.
Athos fece segno a Minerva di entrare, quello che vide lo sbalordì. O meglio quello che non vide lo sbalordì. Athos lo spinse dentro e gli sbatté la porta alle spalle. Un terrore indescrivibile gli gelò il cuore: il suo corpo galleggiava nel nulla. Tutto intorno a lui non c’era niente, non era fermo su nessun pavimento, ma era in piedi.  Non c’era nessun colore e nessun confine, Minerva percepiva nel midollo, nel più profondo del suo essere l’assenza di “essere” che lo circondava. Formicolio e torpore si diffondevano piano, piano dalle punte delle dita su per le mani e le braccia e i piedi e le gambe. Tutto era perduto, tutto era finito. Nessuna speranza, solo disperazione. Voleva piangere e morire, voleva non esistere più. Sentiva che lui stesso stava per scivolare via nel nulla, mentre il suo corpo andava alla deriva in quell’inconcepibile mare di solitudine. Una solitudine tanto profonda, tangibile ed autentica che sembrava essere l’unica cosa che fosse mai esistita. Nel cosmo non c’era altro.
All'improvviso una mano lo prese per una spalla e lo tirò via e di colpo Minerva attraversò l’uscio della porta e cadde pesantemente sul pavimento.
Cercò con tutte le forze di non svenire ma nell'impatto i suoi occhi si chiusero, non era sicuro per quanto tempo. Lì steso per terra il suo corpo era scosso da una serie di brividi che lo attraversavano da testa a piedi. Roteando gli occhi cercava Athos, ma la hall era ormai vuota. Tutto sembra essere tornato come prima.
Le due macchine erano sparite dal cortile.
L’orologio segnava le tre e trenta tre.
La porta della stanza di sorveglianza era di nuovo chiusa. Minerva si stese un po’ sul divanetto, la testa gli girava ancora e ogni tanto una scossa elettrica lo pervadeva dalla testa ai piedi.
Cosa diavolo era successo?
Che razza di trucco era mai quello?
L’avevano forse drogato in qualche modo?
No. Impossibile.
Ciò che aveva provato lì dentro era forse la cosa più reale che gli fosse capitata in vita sua. Nessuna droga poteva avere quell’effetto, pensava anche se non ne aveva provate poi molte in vita sua.
Comunque ne era convinto. Che razza di posto era mai quello?
Per anni aveva lavorato lì. Nulla di strano era mai successo. Possibile che tutto questo era sotto il suo naso? La camera 107, lo stanzino di sorveglianza e chissà cos’altro e mai un’avvisaglia?
La stanza 107 era stata affittata tante volte e mai nessuno si era lamentato per colpa di mostri liquidi dentro l’idromassaggio.
Aveva voglia di tornare alla stanza 107 ma un po’ aveva paura, da solo non l’avrebbe mai fatto. E quei tre poi? Athos o come diavolo si faceva chiamare aveva promesso che l’avrebbe aiutato con il suo problema ed invece si era preso gioco di lui. O forse no?
Forse gli aveva dimostrato che non esisteva nessuna registrazione! Ma certo, se lo stanzino era letteralmente vuoto vuol dire che le telecamere non registravano un bel niente! O forse no? Magari le registrazioni finivano da qualche altra parte...
Come si poteva essere certi di qualcosa dopo quello che aveva visto quella sera?
Ma doveva trovare qualche certezza, si alzo e provò ad aprire la porta dello stanzino. Chiuso a chiave.
Doveva aprirlo. Doveva rivedere quello che c’era o meglio quello che non c’era lì dentro. Doveva smerdare Marrone. Oh come avrebbe goduto quando sarebbe arrivato al mattino e lui gli avrebbe sbattuto in faccia la verità! E avrebbe pure preteso spiegazioni per quella notte e per i suoi soci, oh sì! Lui aveva dei diritti.
Si guardò intorno, l’estintore. Era abbastanza pesante e in qualche film funzionava. Cominciò a picchiare sulla serratura con l’estintore. Prima o poi avrebbe ceduto.


fine




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