like a virgin parte 1

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La storia iniziò quando ancora la moda era caratterizzata da stravaganti abbinamenti e colori accesi, gli anni in cui le note di Like a virgin, incise su nastro, uscivano dagli altoparlanti degli stereo, le giacche erano oversize e munite di grosse spalline, come se l'appendino fosse stato dimenticato dentro.
Erano gli anni in cui, quelli che oggi chiamiamo leggins erano chiamati alla francese fuseaux e avevano una linguetta da mettere sotto al piede. Erano gli anni dei Ray-Ban a goccia, degli ombretti verdi e azzurri e, il volume dei capelli, beh era decisamente oltre il livello di decibel consentito.
Erano gli anni dei look eccentrici ed estremi, la parola d’ordine era osare.
All’epoca ancora nessuno sapeva, né tanto meno poteva immaginare come le nuove tendenze avrebbero sconvolto la moda.
Era un caldo giorno di giugno, lui era seduto su una sdraio da mare, di quella con la trama a righe bianche e rosse, un po’ per colpa del sole, un po’ per colpa del sudore, il bianco era meno bianco e il rosso, anch’esso era meno intenso. Da qualche parte c’era anche qualche macchia, rimasta lì un po’ troppo per farla andare via ora, ora che anche il ferro della struttura cominciava a cambiare colore, da un rispecchiante argento stava diventando di un ruvido rossiccio, specie in alcuni punti.
Per quegli anni andava bene.
Per prendere il sole dietro casa andava bene.
Per il mare c’era quella nuova. Era di plastica, almeno non arrugginiva, anche se la salsedine l’avrebbe rovinata comunque.
Il ragazzo aveva la testa all’ombra, le foglie delle piante rampicanti che salivano sul gazebo disegnavano una trama complessa sul suo volto e sul suo petto. Non era una pianta eccessivamente florida, ma lo era quel tanto da riparare gli occhi dal sole e permettergli di leggere. Aveva un libro in mano. Era un libro di quelli belli pesanti, con la copertina rigida, di quelli a cui non puoi rompere il dorso. Era un libro che non veniva da quella piccola città, veniva da una città più lontana, più grande e che in quel periodo era già divenuta la custode di segreti, e che un giorno sarebbero diventati di seconda generazione.
Scusatemi, piccolo lapsus.
Era quasi ora di pranzo, smise di studiare, la tavola era pronta. Era un caldo giorno di giugno, avrebbero mangiato all’aperto. Un piatto di pasta non troppo elaborato. Il vino, rosso, era immancabile a tavola, ma lui non lo beveva quasi mai. Doveva tornare a studiare ed era caldo, anche se lo avesse voluto non sarebbe stata una buona idea.
Erano gli anni in cui i compleanni venivano festeggiati in casa, si cercava sempre di risparmiare e di spendere il meno possibile. Se qualcosa poteva essere condiviso lo si condivideva, fosse anche anche la festa di compleanno. Per lui non era un problema, ha sempre avuto un muscolo cardiaco capace di pompare sangue anche nel cuore degli altri.
Il tempo cambiò, non era più caldo, non era più giugno. Era tempo di lasciare di nuovo quella piccola città che stava crescendo, crescevano insieme. Era il momento di tornare nella grande città.
Le foglie divennero gialle e secche, iniziarono a cadere dagli alberi e a colorare le grigie strade. Se i suoi pensieri non fossero stati troppo rumorosi avrebbe potuto sentire lo scricchiolio delle foglie sotto i piedi. In quel periodo però c’era uno spesso rumore, le cose sarebbero cambiate da lì a poco, e come sempre, l’odore del cambiamento arriva prima del cambiamento stesso.
Il cambiamento sarebbe stata lei.
Lei che sarebbe stata diversa, ma nello stesso tempo uguale a lui. Sarebbe rimasta incompresa a lungo.
Sarebbe stata una sorpresa.

like a virgin continua...

Commenti

  1. Ciao, ho letto questa prima parte. La scrittura in generale è buona, il ritmo mi pare da registrare. Le anafore (“erano gli anni di”…) in qualche parte non mi suona bene e poi ci sono troppi “era”. Questione d’orecchio. Del resto l’incipit è organizzato con una precisa tonalità e tutto dovrebbe essere scandito in modo armonico, come uno spartito musicale. Il personaggio che inserisci nella scena dovrebbe essere “il ragazzo” e non “lui”. “Lui” lo puoi inserire come pronome dopo aver calato nella scena il “ragazzo”. Discorso diverso per “lei”, che a quel punto della storia si capisce che è la “lei” agognata o che interagisce con il ragazzo”, e comunque si in quel punto la voce narrante riprende il giusto tono. Altra annotazione, quel “Scusatemi, piccolo lapsus” in corsivo è una voce fuori campo fuori contesto e non si confà con la voce narrante che hai scelto. L'inizio è di quelli non facili, dove il narrante è la parte dominante del testo: e dovresti curarlo come merita.

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    Risposte
    1. ciao Sconosciuto!
      Intanto grazie per essere passato da queste parti a curiosare un po'.
      Per quanto riguarda l'introduzione del ragazzo, sì forse il primo "lui" sarebbe stato meglio se fosse stato "il ragazzo".
      Le parti in corsivo, sono appunto delle voci fuori campo, come se il narratore, prendesse una piccola fetta di scena per se e la togliesse alla storia, o almeno questa era la mia idea...
      Le ripetizioni, diciamo che sono un po' un mio tratto, se ti va di leggere altro lo noterai, le uso per dare il mio ritmo alla storia, per cercare di comunicare lo stato d'animo del momento. Forse a volte risultano un po' pesanti o possono non piacere a tutti, però per ora sono il mezzo con cui riesco a dare peso alle parti che voglio siano messe in evidenzia.
      Grazie ancora dei consigli, al prossimo post!

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