like a virgin finale

Il tempo cambiò, non era più caldo, non erano più gli anni dei colori accesi, delle giacche oversize, dei fuseaux e il volume dei decibel dei capelli si era decisamente abbassato. Erano gli anni dei pantaloni militari, dei braccialetti a profusione, delle cinture borchiate e delle t-shirt bicolori. Erano gli anni dei choker, quegli orribili girocollo di plastica che uscivano con Cioè, dei jeans a vita bassa, della testa mezza rasata, dei capelli verdi e azzurri, delle minigonne a pieghe e delle Converse colorate.
Erano gli anni dei look alternativi, la parola d’ordine era osare.
All’epoca ancora nessuno sapeva, né tanto meno poteva immaginare come le nuove tendenze avrebbero sconvolto la moda.
Era un freddo giorno d’autunno, lei era nella sua stanza con le cuffie alle orecchie sognando di andare via, il più presto possibile da quella città, da quella stanza. Gli occhi scorrevano le parole del libro, ma senza riuscire a superare la barriera della musica. Le parole scritte su carta non erano abbastanza forti per sopraffare quelle che uscivano dagli auricolari. Le parole della canzone erano parole più amiche, erano quello che lei sentiva, erano quello che lei provava, erano il suo dolore, erano il suo sogno. Le parole del libro erano parole di una guerra di tanto tempo prima e chiunque vi avesse partecipato era ormai morto, se non per mano della morte, che girava nel campo di battaglia, per mano della vita, che prima o poi ti porta in una strada chiusa o in un vicolo cieco. La vita la stava portando in una strada troppo stretta per lei, non era chiusa, ma era troppo angusta. Lei non lo sapeva, ma dentro aveva qualcosa di grande, per questo sentiva il bisogno di più spazio. Lei sentiva che questo qualcosa era talmente maturo da esploderle fuori ogni volta che un riflesso di luce la colpiva. Lei era come il pongo, la potevi destrutturare, ma lei rinasceva sotto nuova forma. Il pongo se lo lavori troppo perde la sua forma originale, spesso però capita che venga abbandonato in un angolo e venga dimenticato. Quando si dimentica il pongo dentro un cassetto, o in una scatola di scarpe riposta sopra un armadio, questo diventa duro e difficile da modellare, per giocarci di nuovo servirà calore.
Lei era come il pongo, aveva assunto una forma differente da tutti gli altri, proprio per questo non fu capita, non fu accettata, fu lascia come il pongo dentro un cassetto, o in una scatola di scarpe riposta sopra un armadio, e piano piano anche lei perse la sua capacità di essere plasmabile.
Il pongo è elastico, muta forma senza distruggersi, poi ci sono gli oggetti non elastici, che se forzi troppo si rompono, come le persone.
Arrivò anche per lei il giorno della rottura.
Si ruppe.
Ci fu un’esplosione, rumore di ferraglia, grida, tutti sentirono.
Purtroppo non si può decidere quando rompersi, non si può scegliere il momento migliore. Succede e basta. Quando si ruppe accadde però una strana cosa, vide che da lei uscì una strana sostanza, era qualcosa di alieno, anche se in realtà non era affatto straniero. Era una speranza ormai sepolta da tempo, era una piccola parte ancora malleabile, il pongo non si era del tutto seccato, forse si poteva fare ancora qualcosa. Ma come per il pongo per giocarci di nuovo serviva amore. Si doveva agire subito, c’era poco tempo, si doveva far presto, prima che anche l’ultimo pezzo morbido di pongo si seccasse, prima che fosse troppo tardi.
In una frazione di una sillaba fu tutto chiaro irrimediabile irreparabile.
Anche se da tempo aveva smesso di crederci, in quelle frazioni di respiri affannosi ne aveva quasi sentito il profumo. Forse quell’odore l’aveva portata a crederci e quella piccola parte, in quel momento così indifesa, ci aveva creduto fino alla fine, ci aveva sperato. Ma la vita non va come nei film, la vita a volte fa più male del dolore stesso.
Lei lo aveva capito proprio in quell’eterno istante.
Rotta fuori e rotta dentro un unico pensiero la richiamò alla vita, lui, sempre solo lui. Non aveva la forza per sorreggere le palpebre, ma trovò, da qualche parte tra i suoi frammenti, la forza per chiamarlo. E in quel momento, il solo pronunciare quel nome la fece sentire abbracciata.
Questa volta lui non fu l’ultimo a vederla.
Quando la vide le prime parole furono stupide, quando non si hanno abbastanza parole per esprimere tutto quello che si vorrebbe dire, o si hanno parole troppo grandi da dire, si dicono sempre cose stupide.
Poi ci fu silenzio.
Dopo quell’evento le cose cambiarono.
Il tempo cambiò, non era più un giorno caldo di giugno, né un giorno freddo d’autunno. Era un tempo in cui le strutture furono destrutturate e i segreti furono pronunciati.
Era il tempo in cui lei capì, quanto lui le avesse dato, quanto lui fosse la sua baita in montagna, il suo ossigeno, la sua fonte vitale.
Era il tempo in cui lei capì quanto lui fosse stato il suo impossibile.
Era il tempo in cui Edipo ed Elettra divennero i protagonisti di un’unica storia.
Una piccola follia.
A volte le follie servono a rimanere sani.
In quegli anni trovò il coraggio per accendere la luce, aprire gli occhi e guardare nella direzione del mostro.
Come vi ho detto, però, la vita non è come nei film.
Questa volta il mostro era proprio lì davanti a lei.
Sapete, ve l’ho detto sin dall’inizio, era diversa, perché io c’ero e vidi tutto, vidi il coraggio, la rabbia, le lacrime, sentii le urla, il dolore e lo strazio che provò in quel frangente.
Fu uno spettacolo bellissimo.
È sempre bello quando una vetta viene conquistata, quando la neve si scioglie e i ciuffi d’erba che prima erano coperti rivedono per la prima volta la luce del sole e si sente l’eco di un mostro che cade a terra.
È sempre bello quando capisci che i mostri sono sempre più deboli di te.

Il tempo cambiò, il mostro era stato sconfitto, non erano più gli anni dei pantaloni militari, dei braccialetti a profusione, dei choker, né della testa mezza rasata e dei capelli verdi e azzurri.
Arrivarono gli anni del sii te stesso, la parola d’ordine era osare.
La parola d’ordine è osare.
Oggi nessuno sa, né tanto meno può immaginare come le nuove tendenze sconvolgeranno la moda.

fine 

Commenti

  1. A volte la follia serve a rimanere sani......
    Penso sia vero.
    Complimenti per il racconto

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

lucifero stronzo incompreso parte 2

lucifero stronzo incompreso finale

kabuki parte 1