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il controllo parte 1

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D. A. accusò il primo formicolio in vacanza. Era al mare con la moglie e i tre bambini. I bambini giocavano sulla spiaggia e la moglie prendeva il sole sullo sdraio affianco al suo. Lui stava leggendo il quotidiano sportivo come gli piaceva fare in vacanza, non gli interessava molto il mercato estivo, quasi tutte le notizie erano aria fritta. Ma gli piaceva l’idea di avere il tempo per leggere il giornale, un lusso che a casa non poteva permettersi. Erano quasi le undici, una lieve brezza stemperava il sole già caldo. Da sopra il giornale vedeva i ragazzi che si rincorrevano pochi metri più avanti, il mare era sereno, in lontananza una nave da crociera rifletteva i raggi solari. Una lieve fitta all’altezza del cuore fu seguita da una leggera scossa che diffuse uno strano pizzicore. D. si spaventò. Si tirò su in posizione eretta e si mise una mano sul cuore. Il pizzicore si stava trasformando in un diffuso formicolio, ma ora il suo cuore batteva forte per lo spavento.  Non a

lucifero stronzo incompreso finale

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precedentemente in lucifero stronzo incompreso ATTO TRE C’erano un centinaio di persone, neanche un giornalista. Dopo il flop della prima volta, i media si erano disinteressati all’intera faccenda. Solo pochi fedeli erano rimasti al seguito di Allback. La mancata apparizione del diavolo nel grande incontro del Madison Square Garden di tre settimane prima fu un colpo quasi fatale all’immagine di Allback. La storia di Lamarcus divenne una specie di barzelletta. Lamarcus uscì dal teatro mollando tutti di sasso. Scomparve per due giorni e al suo ritorno disse che bisognava provare di nuovo. Ne era convintissimo.  Ora. Il clima nell’ampio teatro di una tranquilla cittadina di periferia era quasi allegro. Le poche decine di persone arrivate stavano chiacchierando animatamente quando Wattman arrivò. Sul palco i ragazzi stavano facendo gli ultimi preparativi. Wattman aveva perso un po’ di interesse dal grande flop. Aveva cercato di seguire gli avvenimenti il più neutralmente possibil

lucifero stronzo incompreso parte 2

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precedentemente in lucifero stronzo incompreso ATTO DUE Lamarcus aveva appena finito il suo spettacolo e il pubblico, dopo un paio di secondi di assoluto silenzio, aveva preso a parlare e a dileguarsi verso il bar del locale. Wattman invece si avviò verso il backstage, era riuscito a chiedere un appuntamento all’agente di Lamarcus, tale Timothy Atkinson, che promise che avrebbe potuto parlargli dopo lo show. Il backstage era composto da due stanzini. Wattman entrò in quello con la porta aperta, un divanetto, un tavolo e un armadio a muro erano gli unici pezzi d’arredamento. Lamarcus non era lì e anche l’agente non c’era, Wattman aspettò qualche minuto in piedi a guardare le crepe sulle pareti. Cominciava a temere che nessuno si sarebbe presentato. Si guardò intorno, sul tavolino c’erano una bottiglietta d’acqua e un asciugamano, sul divano invece, una giacca di pelle, una rivista e un quaderno. Sfogliò il quaderno e si soffermò su una pagina a caso: Questo è stato il seco

Voglio scrivere una Storia

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Voglio scrivere una Storia . Una Storia che parli di me e di te. Del nostro amore. Una Storia che iniziò la sera della vigilia di Natale. Anzi, che per quella sera divenne realtà. Noi eravamo due, non i soliti due troppo lontani, troppo diversi o troppo simili.  Eravamo due e basta. Tu eri tu, con la tua vita, le tue passioni e la tua musica. Io ero io, con la mia vita, le mie passioni e la mia musica. Tu non eri solo, io non ero sola, tu non eri con me, e io non ero con te. Eravamo due, due che si conoscevano, forse poco, che erano vicini, anche troppo, due che parlavano, decisamente poco, con un’età diversa, fin troppo, due che passavano del tempo insieme, non abbastanza. Tu guardavi nei miei occhi, io nei tuoi, e ogni volta mi ci perdevo, quasi come se cercassi disperatamente qualcosa a cui aggrapparmi, senza però trovarla mai. Quella sera però la trovai, perché quella sera fu tutto diverso.  Ci avvicinammo di più, eravamo tanto vicini che mi faceva pa

lucifero stronzo incompreso parte 1

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ATTO UNO “Io ero in bilico. In bilico tra la santità e la dannazione. In bilico tra il diventare Cristo o l’Anticristo. Tutta la mia vita mi ha spinto fino a questo bivio. Una lunga serie di indizi, segni e infine certezze. Ogni più piccolo avvenimento era teso a questo scopo. C’è molta meno differenza tra i due di quanto possiate immaginare. Ma Dio non mi ha mai chiamato. Ed il mio destino è diventato chiaro. Perché non mi ha mai chiamato? Ero perfetto, quindi perché? Non rientravo nei suoi piani? Non gli piacevo forse? Ma sono perfetto anche così. Io sono l’Anticristo. Io ho tanto sperato di essere santo, davvero. L’ho sempre desiderato con tutto me stesso. Ma accetto il mio destino, accetto il mio compito. È comunque un compito nobile. E non lo sono per voi, lo sono per me. Non sono qui per reclutare nessuno, essere l’Anticristo esige totale egoismo, a mio parere, qualsiasi cosa farò sarà solo per me. Di voi non mi importa nulla. Se mi seguirete sarà solo perché voi vorret

come l'oceano finale

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precedentemente in come l'oceano Era il 12 settembre 2005, Kiyoshi scese dall’autobus, la fermata era a pochi passi dalla sua destinazione. Il santuario era addobbato con candele e lanterne accese, c’era già una piccola folla che si era raccolta vicino all’ingresso, tra quelle persone Kiyoshi scorse i suoi genitori, erano l’uno accanto all’altra. In quell’istante Kiyoshi si rese conto di non aver mai visto i suoi genitori tenersi per mano, neanche quando erano ancora una famiglia. Con la sensazione di un macigno sul petto, Kiyoshi si avvicinò loro, avevano le facce stanche e spossate, erano stanchi di vivere, stanco l’uno dell’altra, questo li faceva sembrare più vecchi di quel che in realtà fossero. Erano decisamente invecchiati prima del tempo, anche se erano abbastanza vivi per esser morti dentro da anni. Quando Hiroko vide che il figlio si stava avvicinando lo salutò con un ciao sussurrato, quasi fosse capace di emettere ultrasuoni. Non aveva mai smesso di parlare

l'assegnazione finale

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precedentemente in l'assegnazione “Salve, come posso aiutarla!” disse in maniera quasi entusiastica, già capivo di piacergli. Non era proprio come me l’aspettavo; pochi capelli tagliati corti, occhi furbi ma privi di fascino anche se ogni tanto sembra passarvi qualche strano lampo, corporatura media. Insomma non una persona che colpiva a prima vista, anzi. Direi che l’aspetto era piuttosto dimenticabile. “salve, posso chiedere a lei?” chiesi io, a questo punto non so dire quanto ero io a decidere cosa dire e quanto fosse il nanobot a recitare il copione. “come no, mi dica tutto.” Rispose lui sempre affabilmente. “dovrei cambiare la batteria del mio impianto fonico” risposi con il tono più disinvolto possibile, intanto guardavo gli olo-depliant sul bancone. Quando alzai lo sguardo lo colsi che mi guardava la scollatura. Un brivido attraversò tutta la schiena. Con disinvoltura mi chiese: “bene, metta il polso qui sul lettore per vedere la marca ed il modello del